giovedì 15 luglio 2010

Così il cellulare diventa un'arma contro gli scempi

Così il cellulare diventa un'arma contro gli scempi
03 LUGLIO 2010, PANORAMA

È appena nato Nuovo paesaggio italiano, il progetto che vede insieme il fotografo Oliviero Toscani, il direttore uscente della Scuola Normale di Pisa Salvatore Settis, il vicepresidente esecutivo del Fai Marco Magnifico e il presidente di Terra Moretti Vittorio Moretti e vuole dare vita a un archivio multimediale, un sito internet e una mostra collettiva in costante aggiornamento.
Scopo principale è la denuncia, attraverso foto, fatte anche con il cellulare, di paesaggi scempiati, degrado del territorio, cementi impropri, verde abbandonato. Il Fondo per l'ambiente italiano, con il contributo di Terra Moretti e Canon come sponsor, crede molto in questa iniziativa, che non esclude però la segnalazione del bello (www.nuovo paesaggioitaliano.it).

lunedì 5 luglio 2010

Facciamo un catalogo delle brutture.

Facciamo un catalogo delle brutture. Lo propone l’architetto paesaggista Paolo Pejrone contro gli scempi
DOMENICA, 04 LUGLIO 2010 IL TIRRENO - Cecina

L’intervista. Ospite alla Cinquantina parla di verde pubblico: sì alle palme e agli oleandri, no ai pratini inglesi

Un catologo delle brutture, degli scempi perpetrati allegramente nelle nostre città e paesi: “piazze, case, capannoni, cimiteri”: la proposta arriva da un guru dell’architettura paesaggistica, Paolo Pejrone, autore pluripremiato, un curriculum internazionale, che ha presentato alla Cinquantina il suo ultimo libro: “La pazienza del giardiniere” (Einaudi editore).


Una mostra di rottura. L’idea è contenuta nel libro: una proposta di rottura, una denuncia dei tanti assalti all’arma bianca che amministratori e privati cittadini compiono ai danni dell’ambiente. «Inviatemi le vostre foto - suggerisce Pejrone - cercheremo di farne un catalogo itinerante». Un monito contro gli attentatori della natura, al quale l’architetto sta lavorando insieme al professor Salvatore Settis e Oliviero Toscani (che già hanno lanciato l’iniziativa dalle colonne del Tirreno).
Pejrone parte dall’arte del giardinaggio per raccontare la sua idea etica di verde. Un verde semplice, un po’ rustico, felice (usa proprio questo aggettivo).
Lo ha fatto per due ore filate all’incontro organizzato a Villa Guerrazzi, davanti a una sala gremita e attenta, introdotto dal sindaco di Cecina Stefano Benedetti - che vorrebbe coinvolgerlo nella realizzazione del parco sul fiume - e intervistato dalla giornalista Maria Meini.
L’attore Giovanni Rindi ha letto alcuni brani del libro e, in apertura, la poesia-manifesto di Federico Garcia Lorca: il linguaggio dei fiori.
Chiamatemi giardiniere. Paolo Pejrone, 69 anni, torinese, all’attivo libri di successo e rubriche specialistiche e divulgative su quotidiani e riviste, è un acclamato architetto di giardini. Allievo di Russell Page, ha lavorato in tutto il mondo, progettando parchi e ville, ma preferisce definirsi giardiniere, dando così risalto all’aspetto pratico della sua professione, quello legato al fare, al rapporto diretto e concreto che si stabilisce tra l’uomo, la terra e le piante. Che hanno un’anima, ripete, sono vive, hanno dei tempi (la pazienza!) che dobbiamo rispettare: non sono un semplice abbellimento.
Sindaci, attenti. La sua critica è rivolta soprattutto agli amministratori, che - dice - spesso scambiano “gli alberi per pali”, elencando numeri di essenze messe a dimora senza ricordare quante di queste moriranno. Per colpa dell’incuria, o semplicemente per errori nella scelta del luogo e dei tempi... Si ispirino al nord Europa o ai francesi, suggerisce citando esempi pratici, maestri attuali del verde pubblico.
L’architetto Pejrone promuove i viali di palme (non quelle tristi isolate, immolate sulle rotatorie) e plaude alle piante semplici: oleandri, edera - valido sistema per coprire il cemento -; boccia i pratini all’inglese, troppo costosi e innaturali, così li definisce. Boccia anche la moda della “giardineria” di rotatorie e uscite stradali. E invita a progettare giardini pubblici sicuri e ben illuminati. Pochi parchi - è il suo consiglio - ma grandi, fruibili e ben tenuti.
No ai veleni, sì alla biodinamica. Ma il suo è anche un invito ai privati cittadini a riscoprire i tempi della natura, ad assecondarli. A buttare via i veleni chimici e ad avvicinarsi alla biodinamica, “semplicemente, per tappe”; dedicandosi all’orto e al giardino senza strafare. Là, dove “i silenzi sussurrano”, ascoltando “il canto degli usignoli”.