lunedì 30 maggio 2011

Ponte di Crevola

                                                                   Ponte di Crevola

domenica 29 maggio 2011

Bella e perduta l'Italia abitata dai barbari

Bella e perduta l'Italia abitata dai barbari
Gino Dato
La Gazzetta del Mezzogiorno 23/5/2011

A colloquio con Gian Antonio Stella, coautore di «Vandali»

Non c'è solo «qualcosa d'immorale nel non voler soffrire per la perdita della bellezza», come scrive Guido Ceronetti. Ma molto di autolesionistico, paradossale, se non demenziale, nella «Casta» che s'insedia e non s'accorge di dilapidare la sua maggiore risorsa, ciò che potrebbe salvarla: i beni culturali, l'arte, il paesaggio. Tutto ciò che aveva consegnato l'immagine del Paese con più siti Unesco patrimonio dell'umanità, e che oggi restituisce, invece, all'Umanità, tra gli altri spettacoli indecorosi, quello del depauperamento tipico dei vandali. Vandali è l'attributo più calzante e il titolo più rigoroso (sottotitolo «L'assalto alle bellezze d'Italia») all'ennesima inchiesta-saggio Rizzoli che i due noti inviati del «Corriere della Sera», Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, consegnano al giudizio dei lettori. Dove si spiega perché le una, dieci, cento, mille Pompei d'Italia ci hanno retrocesso dal primato al ventottesimo posto per competitività turistica, e perché le risorse dei beni culturali in un decennio siano state dimezzate. E non è finita. Risponde alle nostre domande uno dei due autori, Gian Antonio Stella. Vista questa nostra Italia per esempio dal Salone del libro di Torino, sembra un Paese di virtuosi in campo culturale. O sbaglio? «Dipende. Certo, esiste una minoranza di italiani, una piccola minoranza, che appare molto ma molto interessata a quello che succede nel mondo, una minoranza che legge libri, si sforza di capire, una minoranza che poi, quando si concentra in rare occasioni come Torino o Mantova, fa numero ma solo perché si concentra». E comunque non decide le sorti e gli investimenti culturali”. «No, assolutamente no. Credo che oggi esiste una nuova "plebe", che va chiamata con il nome corretto. Sta meglio di una volta, ha qualche soldo in tasca, si va a fare ogni tanto una cena di pesce, ha il cellulare, l'iPod, ma plebe rimane. Una plebe che risponde a bisogni primari, richiami primari, lusinghe primarie. Bene, un tempo bastava regalarle, come dicevano i latini, "panem et circenses", oggi le devi regalare altro, condoni per abusivismo». Insomma, non gliene importa niente. «Ma proprio nulla, non gli imporla un fico secco che il condono riguardi una casa edificata in massimo disprezzo delle norme a duecento metri da Selinunte. Non sono affari suoi». Quindi, nella ricerca delle cause di questo degrado, sicuramente le scelte politiche sono determinanti ma diventano allo stesso tempo lo specchio degli umori dell'opinione pubblica. «Mica l'opinione pubblica è sacra come il dente di Budda. L'opinione pubblica ha mandato al potere Hitler, ha salvato Barabba e condannato Gesù. La massa spesso è un feticcio che viene agitato in modo strumentale. Ma che fa la classe dirigente? Se non guida, come dice la parola, finisce con l'accodarsi, da dirigente diventa accodante». Tra le cause del degrado voi mettete al primo posto quelle eminentemente culturali o quelle economiche? «Le une sono strettamente intrecciate alle altre. E poi ci sono quelle normative, esempio clamoroso di degrado culturale: prendi per esempio la legge del 2004 sui Beni culturali, di Berlusconi e Urbani. Un provvedimento a mio parere davvero indecente, almeno nel passaggio in cui dice che non vuoi arrestare un tombarolo neanche in flagranza di reato». I tombaroli «Ma sì, proprio questi signori sono stati protagonisti di uno dei ritrovamenti più interessanti degli ultimi anni, il sarcofago delle muse, a Ostia antica, nel 2008. Non li hanno neanche potuti arrestare, e questo proprio grazie al "codice Urbani". Ebbene, per tornare alla sua domanda, lì è chiaro che le responsabilità politiche sono molto nette. Se la politica si mette a titillare le cattive abitudini della plebe, è finita». E quanto conta, a temperare questa situazione, il mecenatismo dei privati? «E quanti ne conosce lei, dica la verità. Ione conosco uno, quello sul Colosseo che vede protagonista Diego Della Valle. E magari alla fine è lui che ci guadagna più dello Stato». E le fondazioni bancarie che stanno a fare? «Aiutano un po' perché è la loro funzione propria, ma lo fanno per il bene della cultura o per gli sgravi? O, peggio ancora, per giustificare la loro esistenza?». Ma qual è secondo lei il settore più tartassato? «Sono tanti, ma uno Stato serio deve dare delle priorità. Distribuire a pioggia i soldi, in realtà disperdendoli, è un errore. Capisco che abbiamo un problema, che gli altri hanno dieci-venti musei grandi, mentre noi abbiamo una immensa ricchezza ed è complicato seguire il tutto». Una attenuante? «Certo, per chi governa, non importa ora il colore politico. Ma detto questo un governo serio - ripeto - stabilisce delle priorità. Oggi per esempio è prioritario andare a recuperare e restaurare la villa di Caligola a Nemi, scoperta a metà di gennaio». Sono passati tre mesi. «E che novità ci sono? A malapena i carabinieri che custodiscono e controllano il sito, ma corriamo il rischio che intervengano i saccheggi dei tombaroli. Allora la priorità è anche cambiare la legge: non è accettabile che su circa 70mi• la detenuti non abbia varcato le carceri italiane neanche un individuo che si sia macchiato di furto di reperti archeologici». Lo scippo rende di più e poi... «Ma è ridicolo rispetto al danno che deriva dal trafugatore di sarcofagi. È molto più importante colpire il trafugatore che non lo scippatore».

giovedì 19 maggio 2011

Costruzioni in Italia: sproporzioni ed errori



Costruire poco, costruire bene e costruire "bello": sono queste le tre regole da applicare nella costruzione di nuove abitazioni. Proprio quello che non si fa in Italia. Ad spiegarlo è Salvatore Settis, professore di Storia dell'arte e dell'archeologia classica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.

Nel nostro paese si costruiscono troppe case: la proporzione è di 38 volte di più rispetto alle nascite, ovvero ogni nuovo nato si ritrova 38 appartamenti. È una situazione perversa, la stessa che ha provocato la cosiddetta bolla immobiliare americana e che costituisce la causa del crollo economico dell'Irlanda, colpevole di aver costruito in proporzioni simili alle nostre. Non solo si costruisce troppo, ma anche male -- come dimostrato dal disastro provocato dal terremoto dell'Aquila - e senza qualità architettonica.

lunedì 9 maggio 2011

Villa d'Este - Tivoli

                                                                        Villa d'Este - Tivoli