giovedì 25 marzo 2010

Il paesaggio lombardo prima del cemento

Il paesaggio lombardo prima del cemento
SABATO, 20 MARZO 2010 LA REPUBBLICA - Milano

Un viaggio nella memoria attraverso le vedute dei pittori dell´Ottocento raccolte alla Villa Reale di Monza

MICHELE TAVOLA
Dalle rive del lago Maggiore a quelle del Garda, dalle campagne della Brianza alle cime delle Alpi, dai borghi rurali della Val Brembana alle cascate del Serio: ecco com´era la Lombardia nell´800, prima che iniziasse la cementificazione selvaggia. Un viaggio alla scoperta del nostro territorio, quando era verde e incontaminato, attraverso 80 quadri prestati dai musei della "Rete dell´800 Lombardo".
Questo nostalgico amarcord, che accompagna idealmente il visitatore spettatore negli angoli più pittoreschi della regione, va in scena da oggi al Serrone della Villa Reale di Monza, dove è allestita la prima mostra dedicata al paesaggio lombardo del XIX secolo (a cura di Fernando Mazzocca, catalogo Allemandi). Tra le vedute più suggestive si incontrano Il ponte di Cassano D´Adda, una delle più importanti opere pubbliche d´età napoleonica, dipinto nel 1816 da Carlo Gozzi, L´orrido della Val Taleggio di Costantino Rosa, con i suoi strapiombi terrificanti, e il nitido "ritratto" della Villa Reale di Monza, con i suoi splendidi giardini, firmato nel 1804 da Raffaele Albertolli, figlio del Giocondo che realizzò gli stucchi e gli arredi del Palazzo Reale di Milano e della Scala. Incuriosisce la presenza di Massimo d´Azeglio, che oltre a essere stato uno degli uomini politici più celebri del suo tempo e ad avere sposato Giulia Manzoni, la figlia di Alessandro, fu anche pittore di tutto rispetto: è sua La galleria di Varenna, uno degli scorci più belli del Lario. Attenzione anche alla Risaia del 1864 di Luigi Steffani, quadro sconosciuto ma di fondamentale importanza perché è il prototipo di un capolavoro, Per 80 centesimi, dipinto trent´anni più tardi da Angelo Morbelli.
L´ultima sala celebra il trionfo della pittura divisionista, con opere che hanno fatto la storia dell´arte moderna italiana (tutte solitamente esposte alla Gam di Milano): quattro tele dal Poema panteista di Vittore Grubicy de Dragon, lo straordinario Paesaggio sul Maloja di Giovanni Segantini, due paesaggi alpini di Emilio Longoni e un Meriggio di Gaetano Previati. Il biglietto (12 euro) consente anche la visita di nove sale di villa Villa Reale recentemente restaurate.

Là dove c’era l’erba c’è una città


Là dove c’era l’erba c’è una città
Mercoledì 24 Marzo 2010- L'ARENA

FOTOGRAFIA. Il volume curato da Michela Morgante documenta la storia del quartiere

Oggi alle 17 all’auditorium Giulio Bisoffi della Cattolica assicurazioni in via Calatafimi 10A (Borgo Trento) verrà presentato il volume Borgo Trento, un quartiere del Novecento tra memoria e futuro, a cura di Michela Morgante. La pubblicazione segue la mostra fotografica e documentaria sulla storia del quartiere tenutasi all'Arsenale nel novembre 2008. La ricerca all’origine dell’iniziativa, promossa dall'associazione Anziano e Quartiere, si propose ricostruire identità di un borgo che pare condannato all'anonimato.
Il volume, oltre 200 pagine illustrate, restituisce la grande mole di materiale fotografico e documentario prevalentemente inedito rinvenuto dai partecipanti nel corso del laboratorio, esplorando archivi pubblici e collezioni private e le vecchie annate dell'Arena. Il volume sarà distribuito in omaggio ai partecipanti al termine della presentazione.
Come già la mostra, anche la pubblicazione è una passeggiata fotografica nei luoghi-chiave del quartiere — via Nino Bixio, lungadige Matteotti, piazzale Cadorna, l'Arsenale, via IV Novembre, piazza Vittorio Veneto— ripercorsi in sequenza cronologica, secondo l'urbanizzazione del Borgo, tra i primi del secolo e la metà degli anni Settanta. Nei due saggi introduttivi. Michela Morgante e Maddalena Basso inquadrano le vicende urbanistiche del quartiere veronese sullo sfondo degli sviluppi più generali dell'architettura italiana del Novecento, con particolare riferimento all'edilizia abitativa per la media e piccola borghesia.
Molte le suggestioni offerte dall'ampio materiale compreso nella sezione iconografica del volume, con curiosità di carattere storico-documentario come le fotografie originali del complesso di villini per i Postelegrafonici, oggi per larga parte andato perduto, oppure il primo progetto per l'edificio «a ponte» all'imbocco di viale della Repubblica (firmato da Angelo Invernizzi ed Ettore Fagiuoli, la stessa coppia che in quegli anni disegna la casa del Girasole di Marcellise), e ancora le immagini del frequentatissimo chiosco della gelateria Pampanin nei giardini fuori da ponte Garibaldi, i disegni dell'architetto istriano Bruno Milotti per la chiesa di San Pietro Apostolo in piazza Vittorio Veneto («la Grosta de Formaio») recentemente ristrutturata e un'ampia documentazione sulla costruzione del famoso condominio «dei Spàrasi» a metà di via IV Novembre (1952), quello con i loggiati a colonne al posto della facciata, progettato da Gianfranco Bari. Dopo il tramonto dell’iniziale progetto di costruire una «città giardino», con il boom del secondo dopoguerra, si assiste a una omologazione dal basso. «Catapecchie di lusso»: così il soprintendente Piero Gazzola sentenziò delle nuove cortine di palazzi, che hanno tolto alla Verona storica la vista del Baldo. Se in precedenza il disordine urbanistico aveva comportato una varietà di soluzioni stilistiche non priva di qualche esito felice, a quel punto si impone la monotonia di grandi edifici, salvo eccezione privi di pregi estetici.
Il libro colma un vuoto storiografico. Un libro da leggere, da guardare e da meditare. Soprattutto da chi in Borgo Trento vive, perché, dopo averne ripercorso le vicende, si accorgerà di guardare in modo diverso ciò che ha visto un'infinità di volte.
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nel disegno, dal nostro archivio: Castel San Pietro visto dall'Adige

giovedì 18 marzo 2010

Cornegliano

Cornegliano

Cementificare, una scelta sbagliata che non rispetta i ritmi della terra

Cementificare, una scelta sbagliata che non rispetta i ritmi della terra
PAOLO ROGNINI
MERCOLEDÌ, 17 MARZO 2010 il tirreno - Spettacolo

Equilibri fragilissimi che possono essere rotti dalle attività umane

La terra, questa sconosciuta. Forse pochi di noi ci riflettono ma essa è la base fondamentale della vita e della produzione alimentare per tutta l’umanità. È sul suolo che si coltiva, che si semina e si raccoglie, che si allevano gli animali. Ed è sempre il suolo che filtra oltre la metà dell’acqua che beviamo e gran parte dell’aria che respiriamo. Gli specialisti che studiano questo particolare ambiente si chiamano pedologi e c’è un gruppo qui in Toscana particolarmente attivo: il gruppo di chimica del suolo dell’Università di Pisa. Saviozzi e Cardelli, pedologi, hanno fatto ricerche interessantissime sugli esseri viventi che abitano gli oscuri meandri di questo misterioso habitat. Le loro ricerche hanno dimostrato quanto ancora c’è da scoprire soprattutto sulle specie non ancora identificate. Anche se nessuno lo sospetta, un suolo per essere “maturo”, può impiagare fino a 100.000 anni: un equilibrio fragilissimo che può essere rotto dalle attività umane. In particolare tutto ciò che viene costruito, cementificato, urbanizzato esaurisce questa preziosa risorsa non rinnovabile.
In Toscana, nuovi modelli costruttivi come la grande distribuzione commerciale e l’espansione delle aree residenziali stanno divorando 1500 ettari all’anno. Sono poco più di 4 ettari al giorno - 4 campi di calcio - ingurgitati dalle ruspe, sigillati dal cemento e dall’asfalto. Riusciremo un giorno a capire che conservare questo scrigno pieno di ricchezze ancora nascoste, significherà conservare la vita anche per le generazioni future?

martedì 9 marzo 2010