giovedì 29 dicembre 2011

Sorrento


Sorrento

domenica 18 dicembre 2011

Le rovine di Boscotrecase distrutta eruzione del Vesuvio nel 1906


Le rovine di Boscotrecase distrutta eruzione del Vesuvio nel 1906.

sabato 17 dicembre 2011

mercoledì 14 dicembre 2011

L´atto d´accusa della Coldiretti "I disastri? Colpa dell´avidità"

L´atto d´accusa della Coldiretti "I disastri? Colpa dell´avidità"
MARCO PREVE
GIOVEDÌ, 03 NOVEMBRE 2011 LA REPUBBLICA Genova

Il presidente regionale Germano Gadina: "Ogni anno le stesse domande"

"Continuo furto di terreno agricolo utilizzato per edificare e cementificare"

La violenza eccezionale delle piogge, certo, ma c´è anche un´altra componente, che fino ad oggi nessuno aveva tirato in ballo così chiaramente, per trovare le possibili cause del disastro dello spezzino: l´avidità.

Lo fa Germano Gadina, presidente regionale per la Liguria degli agricoltori di Coldiretti: «In Liguria l´avidità si è mostrata, negli ultimi 50 anni, nel continuo furto di terreno agricolo utilizzato per edificare, cementificare, appiattire, livellare, apportare modifiche permanenti al bene "paesaggio" con l´erronea convinzione che i processi costruttivi potessero essere la chiave dell´economia ma in realtà con una sola certezza: sui terreni dove si è costruito, l´attività agricola non si farà mai più».

Il tema è quanto mai attuale specie dopo che il tema dell´abbandono della terra - come coltivazione e quindi come cura - da parte di molti abitanti delle Cinque Terre, a favore della rendita garantita dall´affitto delle case ai turisti sta suscitando un acceso dibattito che vede tra i più duri contestatori di questa svolta lo scrittore spezzino Maurizio Maggiani.

«Probabilmente - dice Gadina - considerata la caratteristica dell´evento nessuna opera dell´uomo sarebbe stata d´aiuto per evitare tale disastro. Ciò nonostante, a meno di un anno dalle alluvioni che avevano provocato milioni di euro di danni sempre nel territorio di La Spezia, siamo nuovamente qui, attoniti e disperati, per farci delle domande e darci delle risposte».
Gadina si rifà alle recenti parole del cardinale Angelo Bagnasco sull´avidità come peccato capitale dei nostri tempi per poi chiedersi: «Non so se dopo 50 anni di questa impostazione, aggravata dai più vasti cambiamenti climatici di carattere mondiale, si sia giunti al punto di non ritorno. So solo che è necessario il forte impegno delle istituzioni, spesso non del tutto compiuto, per salvaguardare le aree sensibili della nostra regione attraverso il mantenimento dell´attività agricola. Coldiretti si è sempre impegnata nel sottoporre all´attenzione delle amministrazioni locali le proprie proposte, partendo dal presupposto inequivocabile che l´attività agricola è una importante risorsa economica che si presta benissimo a valorizzare l´altra risorsa, quella turistica, per la quale la nostra regione primeggia. Oggi più di ieri è chiaro che se continuiamo con il solo cemento spariranno entrambe».

sabato 10 dicembre 2011

CEMENTIFICAZIONE, IL VIZIO DI TUTTI

CEMENTIFICAZIONE, IL VIZIO DI TUTTI
MASSIMO PAOLI
LUNEDÌ, 07 NOVEMBRE 2011 IL TIRRENO -- Attualità

Alla fine la natura avrà anche fatto la sua parte nel determinare il disastro delle Cinque Terre prima e di Genova poi, ma come ha ben detto nel suo editoriale di alcune domenica fa anche il direttore Bernabò, credo sia evidente a tutti che il tema vero posto dalle pressioni naturali di questi giorni sia il sostanziale abbandono della manutenzione dei suoli e delle infrastrutture idrogeologiche (fiumi, laghi ecc.).
Non è sinceramente accettabile che un acquazzone, pur intenso e particolarissimo (in ogni caso non di certo un uragano), non appena lasci cadere concentrazioni d’acqua più elevate della media o duri più di un paio di giorni, faccia cadere argini, allaghi aree industriali e ora anche aree urbane di metropoli con centinaia di milioni di euro di danni, rovini la vita a migliaia di persone. Stavo per dire, nel 2011 non è accettabile, ma ormai siamo nel 2012 e, a parte la profezia “maya” che aleggia su di noi, allora lo è anche meno.
Diciamo la verità l’unica politica veramente bipartisan di questo paese è sempre stata solo quella che riguarda la cementificazione dei suoli e dei territori, l’abbandono, i condoni e le altre amenità che accompagnano la devastazione dei suoi assetti idro-geologici. Non voglio dire che i comportamenti tenuti sono tutti uguali, a livello nazionale il centro destra è largamente in vantaggio nel virtuale “premio Attila” che potremmo assegnare. Ma a livello locale, pur non condividendo certi estremismi “verdi”, si deve ammettere che anche in alcune realtà amministrate da sempre dalla sinistra, l’ambiente non è stato ai primi posti dell’attenzione politica e sociale.
Ovviamente viene da pensare a cosa diavolo ci stanno a fare le autorità preposte al controllo e alla manutenzione idro-geologici e tra queste spiccano per incomprensibilità del mandato, o meglio, per incomprensibilità dell’interpretazione di tale mandato, i consorzi di bonifica che oltretutto riscuotono una sempre più discussa e discutibile tassazione specificatamente mirata alla conduzione idro-geo-dinamica dei suoli, e con esse le autorità dei bacini e così via. Ce la potremmo cavare dicendo, come in molte-troppe altre occasioni, che in realtà mancano le risorse, ma se penso a quei torrenti che alle Cinque Terre hanno spazzato via intere realtà e ucciso 11 persone o a quell’argine venuto giù a Genova come se fosse di burro provocando le condizioni per la morte di altre 6 (evento questo particolarmente sfortunato), mi viene da pensare più semplicemente che la manutenzione del territorio non portando troppi voti in verità non “meriti” troppa attenzione.
Ma non si può nemmeno crocifiggere solo la classe politica, perché questo è un tipico tema di cultura democratica generale.
Quando si parla di attenzione alle problematiche degli equilibri idro-geologici dei suoli, i cittadini normali, la cosiddetta società civile che fine fa? Non posso dimenticare i “dollari agli occhi” dei mille piccoli proprietari pronti ad allargare le loro casette del fatidico 20% in più (anche se in territori delicati) prevista da una delle tante scellerate iniziative di questo governo, poi rientrata almeno in parte. Non posso dimenticare la spinta costante che deriva dagli abusi, non di pochi, non di alcuni reietti, ma abusi di massa che cementificano i corsi d’acqua, che disboscano, che trasformano annessi agricoli in casali dai cubaggi spaventosi, che sconfinano nelle aree di esondazione, che mettono a rischio di frana intere colline. No, non è soltanto la classe politica ad essere sotto accusa in questi momenti, lo siamo tutti. Un “tutti”, però, che per una volta non deve e non può trasformarsi in “allora nessuno”. Ci vuole una nuova consapevolezza ambientale. Dobbiamo farci entrare nel DNA culturale un principio, semplice quanto rivoluzionario, l’economia insostenibile ci porta all’insostenibilità dell’economia, dobbiamo abolire i modelli di sviluppo scellerati, distruttori delle risorse non facilmente ricostruibili proprio come gli assetti idro-geologici.

lunedì 5 dicembre 2011

I CARNEFICI DEL TERRITORIO

I CARNEFICI DEL TERRITORIO
CARLO PETRINI
SABATO, 05 NOVEMBRE 2011 LA REPUBBLICA- Commenti

Il 4 novembre 1966 l´Arno invase Firenze. Dopo 45 anni nulla è cambiato. Si resta sgomenti. L´Italia non regge più ore e giorni di pioggia. Muoiono persone, e anche una sarebbe troppo. Muoiono bambini.

Non servono più gli allarmi se i sindaci non mettono in atto misure di prevenzione. Se il clima è cambiato, se a Genova in cinque minuti sono caduti 50 millimetri di acqua, dobbiamo cambiare anche noi.

Altrimenti si continuerà a morire, nelle grandi città e nelle nostre case che crediamo sicure. A Genova il sindaco ha lasciato scuole e uffici aperti, e solo ieri sera ha proibito, per oggi, il traffico di auto. Troppo tardi.

Oltre alla profonda tristezza, da lacrime agli occhi, si resta increduli nonostante lo si sia detto troppe volte. Si denunciano lo scellerato consumo di suolo libero, la cementificazione selvaggia, l´incuria cui sono sottoposti i terreni demaniali in svendita, i boschi, le coste e i suoli che un´agricoltura in crisi come non mai non riesce più a curare. Lo Stato da anni taglia fondi e personale per la cura del territorio. Pensano alle grandi opere e non si preoccupano più delle piccole.

Minime, ma che a volte salvano vite. Ci sono delle colpe. Gravi.

L´altro ieri il ministro dell´Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ammetteva il fallimento dell´impegno principale assunto sull´ambiente. Come ha dichiarato la ministro in commissione al Senato, il miliardo di euro stanziato con la Finanziaria 2010 per la messa in sicurezza del territorio non è mai stato reso disponibile. Con la legge di stabilità è stato anche ufficialmente cancellato e sostituito con un impegno del tutto generico, e non vincolante. Queste sono colpe, per cui un normale cittadino verrebbe condannato.

Non c´è crisi che tenga di fronte alla cura del bene comune, il primo impegno che ogni Stato degno di questo nome dovrebbe avere.
Non c´è cura se non si cura la piccola agricoltura di qualità, che in molte zone ritenute "arretrate" ha salvato dal naufragio (umano nonché meteorologico) intere aree del Paese. Non c´è cura se si preferisce l´agricoltura dei grandi numeri, quella industriale che dicono «competitiva», che alla fine desertifica.

Non c´è cura se c´è cemento ovunque. Non c´è cura se il soldo arriva a prevalere sul buon senso, quello che potrebbe salvare i nostri territori dalla bruttezza e dall´insicurezza più letale.
Smettiamola di dire che le alluvioni sono eventi eccezionali. Perché le abbiamo rese normali.

Di fronte a cittadini ormai disabituati alla cura, lo Stato e la politica su questo fronte hanno colpe enormi. Sono anni che non si vede tra le priorità di un programma elettorale o di governo la difesa del territorio, nemmeno tra i riempitivi. Spero che mentre si contesta questo governo, visti i drammi recenti, i partiti inizino a pensarci seriamente, a programmare, a spendere parole e impegni forti, proprio a partire dalle adunate di piazza. Spero che ascoltino quella buona parte di società civile che lo chiede da tempo e già ci lavora con passione e sacrifici. O quegli agricoltori distrutti dai debiti che nonostante tutto lo fanno ogni giorno, nel proprio podere.

Un poeta come Tonino Guerra un anno fa mi ha detto: «L´Italia non è più bella come una volta, è inutile che mi rompano le scatole, perché una volta c´era chi la curava. Non erano dieci persone messe lì e pagate dallo Stato, erano quelli che l´abitavano: i contadini. Dobbiamo riapprendere quella forza d´amore che avevano loro».

Qui non è più sufficiente indignarsi, bisogna tornare ad amare per davvero questa terra. Vilipesa non soltanto nei comportamenti inqualificabili di chi governa, ma nell´indifferenza di fronte a scempi che non sono più tollerabili. Anche se non lo erano già ben prima di arrendersi allo sgomento di questi tristi giorni della nostra storia.

giovedì 1 dicembre 2011

Lo stivale di cemento del Belpaese

Lo stivale di cemento del Belpaese
Camilla Minarelli

(Terra Milano)

AMBIENTE. La denuncia di “Salviamo il paesaggio”: in Italia, dove ci sono 10 milioni di case vuote, bisogna smettere di costruire.

Negli ultimi trent’anni abbiamo cementificato un quinto dell’Italia, circa 6 milioni di ettari mentre sono 10 i milioni di case vuote. Eppure si continua a costruire. Questa la denuncia dell’assemblea ‘Salviamo il Paesaggio’, tenutasi nei giorni scorsi in un luogo simbolo: Cassinetta di Lugagnano (Mi), primo comune d’Italia ad avere deliberato la crescita zero del proprio Piano di Gestione del Territorio. A Cassinetta, quindi, non si possono costruire nuove abitazioni, ma si può solo recuperare l’esistente. L’iniziativa nasce da un’idea del Movimento Stop al Consumo di Territorio e dell’associazione Slow Food e vanta l’adesione di organizzazioni come Legambiente, LIPU, Movimento per la Decrescita Felice, Altreconomia, Associazione Comuni Virtuosi, oltre a più di 400 gruppi e comitati locali. Cuore tematico della campagna, la speculazione edilizia e l’abusivismo, spesso al centro di disastri o emergenze ambientali. Secondo quanto emerso dall’ultimo censimento 2011 sulle aree rurali, La Lombardia è scesa sotto la soglia del milione di ettari di territorio agricolo disponibile.

Sul totale delle superfici consumate, i due terzi riguardano proprio quelle più fertili. Con un impatto sia sulla produzione alimentare che sulla difesa ambientale. Ogni anno perdiamo una potenzialità di produzione, spiega Coldiretti Lombardia, pari a 27 mila tonnellate di grano e si riduce di 850 mila tonnellate la capacità del terreno di immagazzinare anidride carbonica che così, in parte, finisce nell’aria che respiriamo. «Una volta che si è cementificato, non si torna più indietro» ha commentato Pietro Raitano, direttore di Altraeconomia, «Questo è il vero debito pubblico che dobbiamo saper affrontare». Tre gli obiettivi cardine dell’Assemblea: fare un censimento in tutti i Comuni italiani degli alloggi sfitti o degli edifici inutilizzati; una campagna di comunicazione; una proposta di legge di iniziativa popolare per la tutela del paesaggio e del suolo, da sottoporre alla necessaria raccolta firme e, quindi, da suggerire alle commissioni parlamentari.

«Io la definirei una ventata di nuova democrazia, perché i cittadini si riappropriano di un loro bene comune» ha dichiarato Alessandro Mortarino, coordinatore del Movimento Stop al Consumo di Territorio. Presenti all’incontro c’erano anche e soprattutto loro, i veri protagonisti della terra, nonché della produzione alimentare. I contadini. L’Assemblea ha visto inoltre la partecipazione di oltre 500 persone provenienti da 18 regioni. Mentre le prime adesioni individuali per un’iniziativa a così ampio raggio contro il consumo di territorio sono già arrivate a quota 4000: ad aderire docenti universitari, sindaci, urbanisti e architetti, produttori agricoli, tutti pronti a fare fronte comune contro una dei problemi riguardanti il nostro futuro. Secondo Stefano Boeri, assessore per l’Expo, «L’Expo deve essere un traguardo. Per il 2015 cercheremo di diventare una grossa metropoli agricola». Perché i suoli fertili sono una risorsa preziosa, e non rinnovabile.
http://www.terranews.it/news/2011/11/lo-stivale-di-cemento-del-belpaese