lunedì 21 febbraio 2011

La strada per Cortina

                                                           La strada per Cortina

giovedì 10 febbraio 2011

"Sottratto alle coltivazioni un quinto delle aree fertili"

"Sottratto alle coltivazioni un quinto delle aree fertili"
MARTEDÌ, 25 GENNAIO 2010 LA REPUBBLICA - Torino

"Non possiamo essere gli unici a pagare il prezzo per qualsiasi uso del suolo"

Addio ai campi. Nell´ultimo ventennio in Piemonte un quinto di terreni fertili è stato sottratto all´agricoltura, con un ritmo di 3,5 ettari al giorno. Lo evidenzia la Confagricoltura di Torino in un documento denuncia mentre gli enti locali discutono il progetto «Corona verde», che punta a creare un´area-cintura ecologica intorno a Torino.
I dati su cui insiste Confagri sono i quasi 24 mila ettari agricoli ´cancellati´ fra il ´90 e il 2008 nelle otto province del Piemonte e i quasi 7500 spariti nella sola area torinese (pari al 15%). Un incremento del consumo di suolo cui non corrisponde un aumento della popolazione, come dimostrato i dati del Censis.
L´organizzazione agricola chiede un diverso approccio nel realizzare nuove opere per preservare le ultime terre fertili rimaste e suggerisce norme che privilegino il recupero edilizio esistente degradato e non utilizzato, limitazioni alle espansioni urbanistiche evitando quelle a macchia di leopardo, l´inedificabilità dei terreni di maggior pregio agricolo.
«Il rispetto di queste linee guida - afferma Vittorio Viora, presidente di Confagricoltura Torino - gioverebbe agli agricoltori che hanno sempre più a che fare con l´eccessiva frammentazione degli appezzamenti, un allungamento dei tempi di spostamento dei mezzi agricoli, una maggiore difficoltà di irrigazione».
«L´agricoltura - spiegano alla direzione di Confagricoltura Piemonte - non può continuare a pagare il prezzo di qualsiasi occupazione di suolo che ha come fine ultimo la cementificazione. Nessuno si sognerebbe mai di espropriare una fabbrica o di far passare una pista ciclabile in mezzo a un supermercato. In questo senso chiediamo più rispetto».
Un buon test di verifica può essere il progetto »Corona verde» che, sostenuto dalla Regione con un finanziamento di 10 milioni, punta a creare percorsi ambientali attrezzati «all´insegna di un moderno connubio tra uomo e natura». «La costruzione di opere ex novo - spiegano a Confagricoltura - dovrà tener conto dell´ulteriore riduzione di suolo fertile e pertanto dovranno essere previsti adeguati indennizzi per chi mette a disposizione una parte della propria attività, destinandola a un utilizzo pubblico».
(e.d.b.)

mercoledì 9 febbraio 2011

Campi, boschi e oliveti. Censiti i 123 paesaggi che vanno salvati. Il Catalogo degli ambienti rurali, interviene Napolitano.

Campi, boschi e oliveti. Censiti i 123 paesaggi che vanno salvati. Il Catalogo degli ambienti rurali, interviene Napolitano.
LORENZO SALVIA
CORRIERE DELLA SERA – 7 febbraio 2011

ROMA — I cosiddetti campi baulati del Casalasco, al confine tra le province di Cremona e Mantova. Una terra descritta da Virgilio nella sue Egloghe e conosciuta per quell'infilata di terreni a schiena di mulo e canali di scolo, salvezza contro le alluvioni e le piene del Po o dell'Oglio. Oppure la vite maritata a Giugliano, in Campania, dove i tralci vengono fatti arrampicare in alto, fin sulla cima dei pioppi. O ancora gli oliveti terrazzati di Vallecorsa, nel Lazio, simbolo di quanta fatica e intelligenza ci sia nel lavoro della terra, con i contadini che hanno scavato nella roccia per fare spazio alle piante e proteggerle. E poi i carrubeti dei Monti Iblei in Sicilia, le foreste della Val Cadino in Trentino, la piana di Castelluccio in Umbria, il bosco di Sant'Antonio in Abruzzo. E un Grand Tour nell'agricoltura italiana, e quindi nella nostra storia di tutti i giorni, quello disegnato dalle pagine del Catalogo nazionale dei paesaggi rurali storici. Più di 120 esempi di come la mano dell'uomo si possa intrecciare felicemente con la natura, creando allo stesso tempo un sistema economico capace di produrre e un angolo di mondo dove vivere bene. Un tesoro accumulato anno dopo anno, secolo dopo secolo. Ma che rischia di scomparire sotto i colpi dell'agricoltura industriale e dell'abbandono. Il Catalogo è stato promosso dal gruppo di lavoro per il paesaggio istituito presso il ministero delle Politiche agricole ed è opera di 80 studiosi provenienti da 14 università italiane. Un progetto che ha avuto il patrocinio del Fai, il Fondo ambiente italiano, del Consiglio d'Europa e dell'Unesco che lo presenterà nell'ambito della convenzione mondiale del paesaggio. E che rappresenta una delle iniziative per celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia, al punto che a giugno si trasformerà in una mostra al Vittoriano di Roma. Cosa c'entri l'Unità d'Italia, lo spiega il presidente della Repubblica nella prefazione al volume pubblicato da Laterza: «Il paesaggio italiano — scrive Giorgio Napolitano — è tratto inconfondibile della nostra identità nazionale e fattore essenziale di attrazione e di forza dell'Italia anche nel nuovo contesto internazionale». Un patrimonio da non sprecare, dunque. E non c'entra solo la nostalgia dei bei tempi andati. Dal 1920 abbiamo abbandonato circa 13 milioni di ettari di terreni coltivati, anche per questo importiamo il 60% del grano di cui abbiamo bisogno. E visto che in un anno il prezzo dei cereali è più che raddoppiato non si tratta solo di una questione da convegno per esperti ma di una guaio serio per tutti. Negli ultimi 100 anni i boschi hanno quasi triplicato la loro estensione, e questo è avvenuto proprio per l'abbandono delle campagne minacciate anche dall'urbanizzazione. Sempre di verde si tratta, certo, ma di un verde che cancella la tante colture e tradizioni che hanno fatto ricco il nostro Paese. «L'agricoltura industriale — spiega Mauro Agnoletti, coordinatore scientifico del progetto e professore di Pianificazione del territorio agricolo e forestale all'Università di Firenze — ha degradato il paesaggio ed è stata sconfitta dal mercato proprio perché incapace di competere in termini di qualità, quantità e costi. Il Catalogo è il primo passo per sviluppare un altro modello di agricoltura, basato sulla qualità dei prodotti abbinata alla qualità del paesaggio, un valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza». Per capire meglio bisogna camminare in uno dei 123 paesaggi elencati nel volume: la Valle Uzzone, in Piemonte. Qui si segue ancora il metodo della policoltura: boschi e prati si alternano a piccoli appezzamenti dove, fianco a fianco, ci sono cereali, noccioleti, vigne, frutteti, piccoli orti. Anche l'allevamento sfugge al principio moderno (moderno?) della produzione intensiva. Le vacche che pascolano libere su questi prati vengono utilizzate per tutti e tre gli scopi pensati da madre natura: latte, carne e lavoro. Un piccolo mondo antico destinato a scomparire senza speranza? Forse. Ma i prodotti della valle (formaggi, vino, frutta) hanno un buon successo commerciale e specie negli ultimi anni sono arrivati molti turisti. Il sistema funziona. «Conservare il paesaggio — dice il professor Agnoletti — non vuol dire solo migliorare la qualità della vita delle popolazioni, ma anche avere a cuore l'identità culturale del nostro Paese. L'immagine che all'estero hanno di noi si basa anche su questo, abbiamo a disposizione un importante strumento di promozione per tutto il sistema Paese». Con una speranza finale che guarda all'immediato futuro: «Che l'Italia si faccia promotrice di una maggiore attenzione al paesaggio nella riforma in corso delle Politiche agricole comunitarie».

sabato 5 febbraio 2011

Storia e ambiente da scoprire sull´Alta Via dei Monti liguri

Storia e ambiente da scoprire sull´Alta Via dei Monti liguri
ANGELA TORRAZZA
MARTEDÌ, 04 GENNAIO 2011 LA REPUBBLICA Genova

Il percorso lungo la provincia di Genova visualizzato con i vari riferimenti ambientali Originali i disegni con la descrizione dei panorami


Sltura e paesaggio racchiuse nelle "cartoguide" edite da Multigraphic di Firenze: è l´ultima iniziativa dell´Associazione Alta via dei Monti Liguri, realizzata dalla Direzione regionale della Liguria del Ministero per i beni culturali e dalla Regione, tappa di un progetto più ampio per valorizzare le risorse storico-ambientali di quell´itinerario davvero unico che è l´Alta Via. Per chi non lo sapesse si parla di un tracciato di circa 450 chilometri che congiunge Ceparana a Ventimiglia seguendo quasi fedelmente i crinali che dividono il versante marittimo da quello padano dell´Appennino, uno spartiacque di eccezionale valore paesaggistico e geografico (basti pensare che, poco oltre il Passo del Faiallo, sopra Arenzano, raggiunge la distanza minima assoluta in Italia, circa 6 chilometri dalla costa).
Riguardo l´Alta Via le pubblicazioni sono numerose tra libri descrittivi e cartine topografiche, anche perché, coprendo tutto l´arco regionale, si incrociano moltissime realtà territoriali che a loro volta hanno sviluppato interessanti iniziative di divulgazione. Nel corso dei secoli, quando non c´erano strade, e fiumi e torrenti straripando rovinavano i sentieri di fondovalle, i percorsi di crinale erano i più affidabili. Lo dimostrano i ritrovamenti in alcuni tratti dell´Alta Via: gli scavi del Castellaro di Uscio hanno per esempio dimostrato che sull´itinerario che congiungeva la Valle del Bisagno alla Fontanabuona, si trasportava il "metaofiolite" scavato sui monti del Voltrese, il miglior materiale europeo per armare zappe e asce prima che si conoscessero bronzo e ferro. Dal Medioevo in avanti, poi, l´itinerario principale appenninico era intersecato da una miriade di sentieri perpendicolari (le "vie del sale" ad esempio) utilizzati per il commercio tra la costa e la Pianura padana, e attorno ai quali si sviluppò anche un sistema agro-silvo-pastorale di cui ancora oggi si trovano testimoninanze.
Attorno a tutte queste considerazioni ecco, dunque, le nuove cartoguide. Per adesso sono tre: dal Passo del Faiallo ai Giovi, dai Giovi alla Sella Giassina e da lì al Passo del Bocco. Su un fronte, quello puramente cartografico, a cura dell´Istituto per la Storia della cultura materiale con la direzione scientifica di Tiziano Mannoni, è stata riportata l´ubicazione di 144 beni culturali e storico-ambientali: antichi nuclei rurali, depositi fossiliferi, edifici religiosi, fortificazioni, musei, siti archeologici, ecc... Un buon lavoro in parte vanificato da un´indicazione sentieristica e di strade che, pur seguita da un esperto escursionista e studioso quale Andrea Parodi, non ha l´attendibilità e la precisione che legittimamente ci si attendeva. Originale, sul retro della carte, il lavoro di Roberto Ghelfi, che illustra con originali disegni al semplice tratto di matita, i panorami salienti che si godono camminando e i temi edilizi più significativi (paesaggio rurale, cartiere e ferriere, castelli e torri).