venerdì 31 dicembre 2010

Monte Cristallo

                                                                         Monte Cristallo

lunedì 27 dicembre 2010

Il Paesaggio euganeo - Il Ricordo dei Luoghi

Il Paesaggio euganeo - Il Ricordo dei Luoghi

Boschi ricchi di cacciagione e di legname pregiato, pietre per costruire, un clima più salubre rispetto alla pianura, queste le attrattive che i Colli Euganei hanno offerto all'uomo da oltre 27 secoli. E così fu anche durante il Medioevo che vide i Colli mantenere un buon numero di insediamenti, (Boccon, Zovon, Cinto,... Arquà, Torreglia, Castelnuovo, Teolo) mentre la pianura circostante, malsana ed insicura, si spopolava notevolmente. Oltre alle corti ed alle pievi il paesaggio euganeo mostrava nei luoghi più elevati numerosi castelli, rocche, monasteri ed eremi. Castelli importanti, oltre a quello di Este ed alla Rocca di Monselice, sorsero ad Arquà, a Lozzo, a Valbona, a Rovolon, a Bastia, a Torreglia, a Castelnuovo, a Calaone, a Montemerlo, a Cinto e sullo sperone roccioso di Rocca Pendice. Fra tutti questi solo il castello di Valbona ci è pervenuto intatto e visitabile. Di antichi eremi e monasteri si hanno notizie nella zona di Torreglia, sui monti Cero, Venda, Madonna, Lispida e Rua. Alcuni sono ancora attivi come la grandiosa abbazia benedettina di Praglia fondata nel 1080, il piccolo monastero sul monte Madonna, l'aereo eremo camaldolese di monte Rua, il sereno convento di S. Daniele presso Abano. Altri hanno lasciato tracce spettacolari come i resti del monastero olivetano sul monte Venda o sono stati profondamente mutati nelle forme come il monastero del monte Gemola, adattato nel settecento a villa, ora di patrimonio pubblico e sistemato a museo di storia naturale con mostre sulla flora e sulla fauna euganee.

All'inizio del XV secolo Venezia impone il suo dominio sul territorio padovano, dopo aver sterminato i bellicosi principi Carraresi. Il territorio euganeo, diviso tra le podesterie di Este e Monselice e le vicarie di Teolo ed Arquà, visse un lungo periodo di pace. Mentre iniziavano opere di bonifica (Retratti) che portarono al prosciugamento di vasti tratti di territori vallivi pedecollinari a Lozzo, Galzignano, Valsanzibio, Arquà e Baone, i Colli vennero ulteriormente valorizzati con la costruzione di splendide dimore volute dalla nobiltà veneziana e padovana. Famose e incantevoli sono il principesco palazzo del Catajo a Battaglia Terme, la cinquecentesca villa dei Vescovi a Luvigliano, il giardino di villa Barbarigo a Valsanzibio, splendido esempio di giardino all'italiana, costruito nel 1660; inoltre villa Contarini a Valnogaredo e villa Papafava a Frassanelle presso Bastia.

Nel 1797, con l'entrata a Venezia delle truppe napoleoniche, termina la storia della gloriosa Repubblica marinara. L'Ottocento fu un secolo di crescita demografica e di consistente sfruttamento dell'ambiente: molti boschi vennero ridotti a coltura o intensamente tagliati per la produzione di legname. Sul finire del secolo si conclusero le bonifiche dei terreni vallivi con l'impiego di macchine a vapore, alcune delle quali, molto ben conservate, sono esposte nel piccolo museo Centanin vicino al laghetto della Costa di Arquà Petrarca.

Il nostro secolo vede l'espandersi incontrollato delle attività di estrazione, che tanti guasti permanenti hanno provocato al paesaggio euganeo, fino all'entrata in vigore della Legge Statale 29 novembre 1971 n. 1097 concernente "Norme per la tutela delle bellezze naturali e ambientali e per le attività estrattive nel territorio dei Colli Euganei" che ha comportato la cessazione dell'attività estrattiva nelle cave di materiale per massicciate e sottofondi stradali.

A partire dagli anni cinquanta si sviluppa una viticoltura di qualità che, nel rispetto delle pratiche tradizionali, si è altamente specializzata ed i cui prodotti sono valorizzati nel Consorzio vini DOC, costituitosi nel 1972. A questa fondamentale attività economica negli ultimi anni si e affiancata la pratica dell'agriturismo che, con l'offerta di ospitalità, ristorazione e dei prodotti tipici, ha creato un interessante reddito aggiuntivo per numerose aziende agricole. Tale opportunità va ad integrare la già rinomata tradizione della ristorazione euganea che fin dagli inizi del secolo ha accolto nei suoi caratteristici locali frotte di visitatori attratti dalla buona cucina e dall'amenità dei luoghi.

Video edito da Paul Humbert Brennan ( 9 Giugno 2010) Ltd. (Rondò Veneziano "Sogno Veneziano")

venerdì 24 dicembre 2010

Le tre cime di Lavaredo

                                                                  Le tre cime di Lavaredo

martedì 21 dicembre 2010

mercoledì 8 dicembre 2010

"Leggete Goethe per salvare il Paese dei limoni"

Giulia Maria Crespi: "Leggete Goethe per salvare il Paese dei limoni"
Renato Rizzo
Stampa ttL 27/11/2010

Dal Corriere della Sera al Fai fondato 35 anni fa, un'inesauribile, ardimentosa passione per le bellezze italiane, contro il partito dell'urbanizzazione selvaggia
«Piero Ottone schierò le migliori firme, da Cederna a Buzzati, a Montanelli per la difesa ambientale»

Il titolo del libro che più ama sembra quasi un oroscopo azzeccato, una coincidenza esistenziale: Vita e destino, di Vasilij Grossman. Sì, perché pare esserci un destino fissato da sempre nella vita di questa signora di 87 anni che ha posseduto giornali, dialogato e spesso bisticciato nella sua casa milanese, nei salotti più esclusivi e nei palazzi del Potere, con i grandi della cultura, della politica e della finanza, attraversato oltre mezzo secolo d'Italia infrangendo per carattere - e, forse, per principio - il «politically correct». Ma lei, troppo razionale e combattiva per credere a qualcosa che accada indipendentemente da suo lottare, questo «destino» preferisce chiamarlo «amore». E' un sentimento attivo, che diventa difesa «dell'identità, delle radici, delle risorse, dell'oggi e del domani» di quel Belpaese creato da Dio in un momento di particolare buon umore, secondo la definizione del critico d'arte Francis Haskell.
Giulia Maria Mozzoni Crespi - fondatrice e anima del Fai, Fondo per l'Ambiente Italiano, da lei inventato anni e del quale è, ora, presidente onorario - nel dichiarare questa passione evita, come sempre, d'indossare i guanti di velluto che devono giacere, nuovi, in un mobile della piccola sala ottocentesca tappezzata di librerie e quadri dove ci riceve: «Sì, ho un amore feroce per il mio Paese e mi indigno quando vedo persone, come i leghisti, che osteggiano addirittura le manifestazioni per l'Unità». Forza qualche data: «Già la Sibilla, parlando ad Enea, gli aveva promesso che sarebbe approdato in una terra chiamata Italia. Ma "loro", forse, credono che i Celti siano più vecchi di Enea». Il suo impegno per l'ambiente non è stato sempre immune da critiche. Qualcuno l'ha accusata d'essere una radical chic che si occupa di beni culturali e di paesaggio guardandoli dall'alto del suo castello. «La parola ecologia l'ho scoperta agli inizi degli Anni 60, a mie spese. Ho avuto un cancro e, se sono guarita, lo devo anche a una scelta di vita che privilegia un cibo sano, frutto d'una natura senza veleni. Tutti devono poter godere di questi diritti che si collegano in una catena virtuosa: se difendo l'ambiente difendo l'agricoltura e la salute e le radici culturali e l'economia e la bellezza e il turismo. Grandi temi legati al nostro esistere di cui, prima ancora che nascesse il Fai, già mi occupavo a Italia Nostra. Ho sempre sentito l'urgenza di lavorare per far crescere nell'opinione pubblica una sensibilità su questi argomenti. E l'ho fatto anche attraverso il mio Corriere della Sera nei primi Anni 70 invitando il direttore Piero Ottone ad analizzare, attraverso il giornale, la questione ambientale: lui diede spazio a un giornalista insuperabile come Antonio Cederna, mandò grandi firme come Buzzati e, poi, Montanelli a fare, per esempio, formidabili reportage sulla situazione di Venezia e sui disastri legati all'urbanizzazione selvaggia». Il Corriere della Sera. Risale a quei tempi un suo famoso soprannome: «zarina». «Cominciamo col dire che quel Corriere ha toccato punte di vendita mai più raggiunte dimostrando di riscuotere un grande apprezzamento tra i lettori. C'era chi mi imputava d'essere di sinistra, la P2 mise in giro, addirittura, la voce che ero amica di Capanna. Pensi che quel signore l'ho conosciuto quattro anni fa. Ma questi sono altri discorsi». A proposito di comunismo, ha detto che è ammirata da quel «Vita e destino» in cui Grossman racconta, appunto, vicende di uomini e donne all'interno della grande vicenda dell'Urss tra guerra e dopoguerra: dall'assedio di Stalingrado alla dittatura, alle deportazioni, ai ghetti. «E' un libro magnifico. Dimostra quanto un'utopia si sia rivelata, nel reale, un dramma, una tragedia. E rivela che cosa ci sia dietro le quinte della storia, le epoche tremende in cui l'uomo è succube del potere e non può essere artefice del proprio destino. Questo lavoro mi ricorda quello che per me è, forse, il più grande romanzo d'ogni tempo: Guerra e Pace. Adoro Tolstoj. Ma sono tutti gli scrittori russi a coinvolgermi emotivamente: Cechov che mi fa ancora piangere quando leggo certi suoi Racconti, Gogol. A proposito di Gogol, le racconto un episodio significativo. Quando Sergio Romano era ambasciatore a Mosca diede un ricevimento in onore del Fai e venni presentata al ministro della Cultura dell'Urss. Dopo un paio di convenevoli gli domandai: "Perché non consentite la pubblicazione delle opere di Gogol?". Non mi rispose neppure, mi girò le spalle e se ne andò. Ma mi lasci tornare a Grossman». Per dire che cosa? «Mi rendo conto che può sembrare assurdo, ma nel paesaggio storico che lui descrive colgo affinità con quello del nostro Paese, oggi. Mi spiego meglio: anche da noi c'è un regime. Infinitamente più dolce, ma c'è». Il paragone sembra davvero un po' azzardato. «Faccio, ovviamente, le debite proporzioni, ma basta guardarsi intorno: bisogna stare attenti a muovere critiche a chi governa oppure, se si decide di non farsi intimidire, occorre avere una buona dose di coraggio». C'è davvero poco rosa sull'orizzonte della «sua» Italia, signora Crespi. «No, non è così, anche se quest'affermazione può apparire un controsenso dopo quello che le ho appena sostenuto. Sto leggendo l'ultimo libro di Mario Pirani, davvero stimolante. Già il titolo dice molto: Poteva andare peggio. Sì, potevamo finire peggio, nonostante tutto. Nonostante la cultura sia considerata una cenerentola e il Bello qualcosa che non si mette in un panino, come dice Tremonti. Il quale Tremonti, tra l'altro, farebbe bene, secondo me, a tagliare altrove: auto blu, consulenze miliardarie. Ipocrita piangere sulle alluvioni se non si è protetto il territorio, inutile stracciarsi le vesti se crolla la Domus dei Gladiatori. Povero Bondi, per la prima volta mi ha fatto addirittura un po' pena: ha ragione quando sostiene che non è colpa sua, ma se so che la mia casa rischia di cadere chiedo soldi per ripararla. E se non me li danno, tolgo il disturbo». Poteva andare peggio, però. «Pirani ripercorre quasi settant'anni di vita italiana. Quando parla della rinascita del Paese dopo la guerra e ricorda i protagonisti culturali di quella stagione durata sino agli Anni 70, ritrovo tanti amici: Guttuso, Burri, Vespignani, Visconti, Fellini, Rosi, Paolo Grassi, Monicelli. Persone con cui ho condiviso ideali e fervori. L'Italia - non solo quella degli intellettuali, ma anche quella della gente comune abituata alla fatica e alla lotta per sopravvivere - ha dimostrato, allora, d'essere fatta di terra buona. La matrice non cambiata. Me ne accorgo girando per il Fai: la società civile si sta sempre più svegliando, c'è malumore tra i giovani. ma anche desiderio di fare, di sacrificarsi, tanti esempi di solidarietà, forte volontariato. Resiste la speranza. Le radici sono ancora sane». Che libro suggerirebbe a questi giovani? «Ne consiglierei due, entrambi di Goethe: Viaggio in Italia e Le affinità elettive. Il primo è ancora uno delle più belle dichiarazioni d'amore per "il paese in cui fioriscono i limoni". L'altro è determinante quando sottolinea l'importanza di creare sinergie tra le persone. E, alla fine, ti fa capire che in tutti, persino negli esseri che sembrano totalmente aridi, c'è qualcosa di buono. Più invecchio, più la penso anch'io così». Davvero? «Davvero. Certo, però, che quel Bondi e quella Brambilla...».

Giulia Maria Crespi
La vita. Appartenente a una delle più antiche famiglie lombarde il cui nome è legato a molte attività in campo industriale e culturale e, indissolubilmente, al Corriere della Sera, Giulia Maria Crespi Mozzoni nel 1975, lasciata la gestione editoriale del quotidiano, fonda il Fai, Fondo per l'Ambiente Italiano (di cui è presidente onorario). Un impegno ambientalistico che, fin dal '65, l'aveva vista consigliere nazionale di Italia Nostra laurea honoris causa in Storia dell'Arte dall'Università di Bologna e Cavaliere di Gran Croce, onorificenza concessale dal presidente Ciampi per l' impegno civile, sociale e culturale.