venerdì 31 dicembre 2010

Monte Cristallo

                                                                         Monte Cristallo

lunedì 27 dicembre 2010

Il Paesaggio euganeo - Il Ricordo dei Luoghi

Il Paesaggio euganeo - Il Ricordo dei Luoghi

Boschi ricchi di cacciagione e di legname pregiato, pietre per costruire, un clima più salubre rispetto alla pianura, queste le attrattive che i Colli Euganei hanno offerto all'uomo da oltre 27 secoli. E così fu anche durante il Medioevo che vide i Colli mantenere un buon numero di insediamenti, (Boccon, Zovon, Cinto,... Arquà, Torreglia, Castelnuovo, Teolo) mentre la pianura circostante, malsana ed insicura, si spopolava notevolmente. Oltre alle corti ed alle pievi il paesaggio euganeo mostrava nei luoghi più elevati numerosi castelli, rocche, monasteri ed eremi. Castelli importanti, oltre a quello di Este ed alla Rocca di Monselice, sorsero ad Arquà, a Lozzo, a Valbona, a Rovolon, a Bastia, a Torreglia, a Castelnuovo, a Calaone, a Montemerlo, a Cinto e sullo sperone roccioso di Rocca Pendice. Fra tutti questi solo il castello di Valbona ci è pervenuto intatto e visitabile. Di antichi eremi e monasteri si hanno notizie nella zona di Torreglia, sui monti Cero, Venda, Madonna, Lispida e Rua. Alcuni sono ancora attivi come la grandiosa abbazia benedettina di Praglia fondata nel 1080, il piccolo monastero sul monte Madonna, l'aereo eremo camaldolese di monte Rua, il sereno convento di S. Daniele presso Abano. Altri hanno lasciato tracce spettacolari come i resti del monastero olivetano sul monte Venda o sono stati profondamente mutati nelle forme come il monastero del monte Gemola, adattato nel settecento a villa, ora di patrimonio pubblico e sistemato a museo di storia naturale con mostre sulla flora e sulla fauna euganee.

All'inizio del XV secolo Venezia impone il suo dominio sul territorio padovano, dopo aver sterminato i bellicosi principi Carraresi. Il territorio euganeo, diviso tra le podesterie di Este e Monselice e le vicarie di Teolo ed Arquà, visse un lungo periodo di pace. Mentre iniziavano opere di bonifica (Retratti) che portarono al prosciugamento di vasti tratti di territori vallivi pedecollinari a Lozzo, Galzignano, Valsanzibio, Arquà e Baone, i Colli vennero ulteriormente valorizzati con la costruzione di splendide dimore volute dalla nobiltà veneziana e padovana. Famose e incantevoli sono il principesco palazzo del Catajo a Battaglia Terme, la cinquecentesca villa dei Vescovi a Luvigliano, il giardino di villa Barbarigo a Valsanzibio, splendido esempio di giardino all'italiana, costruito nel 1660; inoltre villa Contarini a Valnogaredo e villa Papafava a Frassanelle presso Bastia.

Nel 1797, con l'entrata a Venezia delle truppe napoleoniche, termina la storia della gloriosa Repubblica marinara. L'Ottocento fu un secolo di crescita demografica e di consistente sfruttamento dell'ambiente: molti boschi vennero ridotti a coltura o intensamente tagliati per la produzione di legname. Sul finire del secolo si conclusero le bonifiche dei terreni vallivi con l'impiego di macchine a vapore, alcune delle quali, molto ben conservate, sono esposte nel piccolo museo Centanin vicino al laghetto della Costa di Arquà Petrarca.

Il nostro secolo vede l'espandersi incontrollato delle attività di estrazione, che tanti guasti permanenti hanno provocato al paesaggio euganeo, fino all'entrata in vigore della Legge Statale 29 novembre 1971 n. 1097 concernente "Norme per la tutela delle bellezze naturali e ambientali e per le attività estrattive nel territorio dei Colli Euganei" che ha comportato la cessazione dell'attività estrattiva nelle cave di materiale per massicciate e sottofondi stradali.

A partire dagli anni cinquanta si sviluppa una viticoltura di qualità che, nel rispetto delle pratiche tradizionali, si è altamente specializzata ed i cui prodotti sono valorizzati nel Consorzio vini DOC, costituitosi nel 1972. A questa fondamentale attività economica negli ultimi anni si e affiancata la pratica dell'agriturismo che, con l'offerta di ospitalità, ristorazione e dei prodotti tipici, ha creato un interessante reddito aggiuntivo per numerose aziende agricole. Tale opportunità va ad integrare la già rinomata tradizione della ristorazione euganea che fin dagli inizi del secolo ha accolto nei suoi caratteristici locali frotte di visitatori attratti dalla buona cucina e dall'amenità dei luoghi.

Video edito da Paul Humbert Brennan ( 9 Giugno 2010) Ltd. (Rondò Veneziano "Sogno Veneziano")

venerdì 24 dicembre 2010

Le tre cime di Lavaredo

                                                                  Le tre cime di Lavaredo

martedì 21 dicembre 2010

mercoledì 8 dicembre 2010

"Leggete Goethe per salvare il Paese dei limoni"

Giulia Maria Crespi: "Leggete Goethe per salvare il Paese dei limoni"
Renato Rizzo
Stampa ttL 27/11/2010

Dal Corriere della Sera al Fai fondato 35 anni fa, un'inesauribile, ardimentosa passione per le bellezze italiane, contro il partito dell'urbanizzazione selvaggia
«Piero Ottone schierò le migliori firme, da Cederna a Buzzati, a Montanelli per la difesa ambientale»

Il titolo del libro che più ama sembra quasi un oroscopo azzeccato, una coincidenza esistenziale: Vita e destino, di Vasilij Grossman. Sì, perché pare esserci un destino fissato da sempre nella vita di questa signora di 87 anni che ha posseduto giornali, dialogato e spesso bisticciato nella sua casa milanese, nei salotti più esclusivi e nei palazzi del Potere, con i grandi della cultura, della politica e della finanza, attraversato oltre mezzo secolo d'Italia infrangendo per carattere - e, forse, per principio - il «politically correct». Ma lei, troppo razionale e combattiva per credere a qualcosa che accada indipendentemente da suo lottare, questo «destino» preferisce chiamarlo «amore». E' un sentimento attivo, che diventa difesa «dell'identità, delle radici, delle risorse, dell'oggi e del domani» di quel Belpaese creato da Dio in un momento di particolare buon umore, secondo la definizione del critico d'arte Francis Haskell.
Giulia Maria Mozzoni Crespi - fondatrice e anima del Fai, Fondo per l'Ambiente Italiano, da lei inventato anni e del quale è, ora, presidente onorario - nel dichiarare questa passione evita, come sempre, d'indossare i guanti di velluto che devono giacere, nuovi, in un mobile della piccola sala ottocentesca tappezzata di librerie e quadri dove ci riceve: «Sì, ho un amore feroce per il mio Paese e mi indigno quando vedo persone, come i leghisti, che osteggiano addirittura le manifestazioni per l'Unità». Forza qualche data: «Già la Sibilla, parlando ad Enea, gli aveva promesso che sarebbe approdato in una terra chiamata Italia. Ma "loro", forse, credono che i Celti siano più vecchi di Enea». Il suo impegno per l'ambiente non è stato sempre immune da critiche. Qualcuno l'ha accusata d'essere una radical chic che si occupa di beni culturali e di paesaggio guardandoli dall'alto del suo castello. «La parola ecologia l'ho scoperta agli inizi degli Anni 60, a mie spese. Ho avuto un cancro e, se sono guarita, lo devo anche a una scelta di vita che privilegia un cibo sano, frutto d'una natura senza veleni. Tutti devono poter godere di questi diritti che si collegano in una catena virtuosa: se difendo l'ambiente difendo l'agricoltura e la salute e le radici culturali e l'economia e la bellezza e il turismo. Grandi temi legati al nostro esistere di cui, prima ancora che nascesse il Fai, già mi occupavo a Italia Nostra. Ho sempre sentito l'urgenza di lavorare per far crescere nell'opinione pubblica una sensibilità su questi argomenti. E l'ho fatto anche attraverso il mio Corriere della Sera nei primi Anni 70 invitando il direttore Piero Ottone ad analizzare, attraverso il giornale, la questione ambientale: lui diede spazio a un giornalista insuperabile come Antonio Cederna, mandò grandi firme come Buzzati e, poi, Montanelli a fare, per esempio, formidabili reportage sulla situazione di Venezia e sui disastri legati all'urbanizzazione selvaggia». Il Corriere della Sera. Risale a quei tempi un suo famoso soprannome: «zarina». «Cominciamo col dire che quel Corriere ha toccato punte di vendita mai più raggiunte dimostrando di riscuotere un grande apprezzamento tra i lettori. C'era chi mi imputava d'essere di sinistra, la P2 mise in giro, addirittura, la voce che ero amica di Capanna. Pensi che quel signore l'ho conosciuto quattro anni fa. Ma questi sono altri discorsi». A proposito di comunismo, ha detto che è ammirata da quel «Vita e destino» in cui Grossman racconta, appunto, vicende di uomini e donne all'interno della grande vicenda dell'Urss tra guerra e dopoguerra: dall'assedio di Stalingrado alla dittatura, alle deportazioni, ai ghetti. «E' un libro magnifico. Dimostra quanto un'utopia si sia rivelata, nel reale, un dramma, una tragedia. E rivela che cosa ci sia dietro le quinte della storia, le epoche tremende in cui l'uomo è succube del potere e non può essere artefice del proprio destino. Questo lavoro mi ricorda quello che per me è, forse, il più grande romanzo d'ogni tempo: Guerra e Pace. Adoro Tolstoj. Ma sono tutti gli scrittori russi a coinvolgermi emotivamente: Cechov che mi fa ancora piangere quando leggo certi suoi Racconti, Gogol. A proposito di Gogol, le racconto un episodio significativo. Quando Sergio Romano era ambasciatore a Mosca diede un ricevimento in onore del Fai e venni presentata al ministro della Cultura dell'Urss. Dopo un paio di convenevoli gli domandai: "Perché non consentite la pubblicazione delle opere di Gogol?". Non mi rispose neppure, mi girò le spalle e se ne andò. Ma mi lasci tornare a Grossman». Per dire che cosa? «Mi rendo conto che può sembrare assurdo, ma nel paesaggio storico che lui descrive colgo affinità con quello del nostro Paese, oggi. Mi spiego meglio: anche da noi c'è un regime. Infinitamente più dolce, ma c'è». Il paragone sembra davvero un po' azzardato. «Faccio, ovviamente, le debite proporzioni, ma basta guardarsi intorno: bisogna stare attenti a muovere critiche a chi governa oppure, se si decide di non farsi intimidire, occorre avere una buona dose di coraggio». C'è davvero poco rosa sull'orizzonte della «sua» Italia, signora Crespi. «No, non è così, anche se quest'affermazione può apparire un controsenso dopo quello che le ho appena sostenuto. Sto leggendo l'ultimo libro di Mario Pirani, davvero stimolante. Già il titolo dice molto: Poteva andare peggio. Sì, potevamo finire peggio, nonostante tutto. Nonostante la cultura sia considerata una cenerentola e il Bello qualcosa che non si mette in un panino, come dice Tremonti. Il quale Tremonti, tra l'altro, farebbe bene, secondo me, a tagliare altrove: auto blu, consulenze miliardarie. Ipocrita piangere sulle alluvioni se non si è protetto il territorio, inutile stracciarsi le vesti se crolla la Domus dei Gladiatori. Povero Bondi, per la prima volta mi ha fatto addirittura un po' pena: ha ragione quando sostiene che non è colpa sua, ma se so che la mia casa rischia di cadere chiedo soldi per ripararla. E se non me li danno, tolgo il disturbo». Poteva andare peggio, però. «Pirani ripercorre quasi settant'anni di vita italiana. Quando parla della rinascita del Paese dopo la guerra e ricorda i protagonisti culturali di quella stagione durata sino agli Anni 70, ritrovo tanti amici: Guttuso, Burri, Vespignani, Visconti, Fellini, Rosi, Paolo Grassi, Monicelli. Persone con cui ho condiviso ideali e fervori. L'Italia - non solo quella degli intellettuali, ma anche quella della gente comune abituata alla fatica e alla lotta per sopravvivere - ha dimostrato, allora, d'essere fatta di terra buona. La matrice non cambiata. Me ne accorgo girando per il Fai: la società civile si sta sempre più svegliando, c'è malumore tra i giovani. ma anche desiderio di fare, di sacrificarsi, tanti esempi di solidarietà, forte volontariato. Resiste la speranza. Le radici sono ancora sane». Che libro suggerirebbe a questi giovani? «Ne consiglierei due, entrambi di Goethe: Viaggio in Italia e Le affinità elettive. Il primo è ancora uno delle più belle dichiarazioni d'amore per "il paese in cui fioriscono i limoni". L'altro è determinante quando sottolinea l'importanza di creare sinergie tra le persone. E, alla fine, ti fa capire che in tutti, persino negli esseri che sembrano totalmente aridi, c'è qualcosa di buono. Più invecchio, più la penso anch'io così». Davvero? «Davvero. Certo, però, che quel Bondi e quella Brambilla...».

Giulia Maria Crespi
La vita. Appartenente a una delle più antiche famiglie lombarde il cui nome è legato a molte attività in campo industriale e culturale e, indissolubilmente, al Corriere della Sera, Giulia Maria Crespi Mozzoni nel 1975, lasciata la gestione editoriale del quotidiano, fonda il Fai, Fondo per l'Ambiente Italiano (di cui è presidente onorario). Un impegno ambientalistico che, fin dal '65, l'aveva vista consigliere nazionale di Italia Nostra laurea honoris causa in Storia dell'Arte dall'Università di Bologna e Cavaliere di Gran Croce, onorificenza concessale dal presidente Ciampi per l' impegno civile, sociale e culturale.

domenica 24 ottobre 2010

Rino Gaetano > Nuntereggae Più (1978) > Fabbricando Case



Rino Gaetano ; Nuntereggae Più (1978)  -  Fabbricando Case

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Stop al consumo di territorio



Stop al consumo di territorio

giovedì 15 luglio 2010

Così il cellulare diventa un'arma contro gli scempi

Così il cellulare diventa un'arma contro gli scempi
03 LUGLIO 2010, PANORAMA

È appena nato Nuovo paesaggio italiano, il progetto che vede insieme il fotografo Oliviero Toscani, il direttore uscente della Scuola Normale di Pisa Salvatore Settis, il vicepresidente esecutivo del Fai Marco Magnifico e il presidente di Terra Moretti Vittorio Moretti e vuole dare vita a un archivio multimediale, un sito internet e una mostra collettiva in costante aggiornamento.
Scopo principale è la denuncia, attraverso foto, fatte anche con il cellulare, di paesaggi scempiati, degrado del territorio, cementi impropri, verde abbandonato. Il Fondo per l'ambiente italiano, con il contributo di Terra Moretti e Canon come sponsor, crede molto in questa iniziativa, che non esclude però la segnalazione del bello (www.nuovo paesaggioitaliano.it).

lunedì 5 luglio 2010

Facciamo un catalogo delle brutture.

Facciamo un catalogo delle brutture. Lo propone l’architetto paesaggista Paolo Pejrone contro gli scempi
DOMENICA, 04 LUGLIO 2010 IL TIRRENO - Cecina

L’intervista. Ospite alla Cinquantina parla di verde pubblico: sì alle palme e agli oleandri, no ai pratini inglesi

Un catologo delle brutture, degli scempi perpetrati allegramente nelle nostre città e paesi: “piazze, case, capannoni, cimiteri”: la proposta arriva da un guru dell’architettura paesaggistica, Paolo Pejrone, autore pluripremiato, un curriculum internazionale, che ha presentato alla Cinquantina il suo ultimo libro: “La pazienza del giardiniere” (Einaudi editore).


Una mostra di rottura. L’idea è contenuta nel libro: una proposta di rottura, una denuncia dei tanti assalti all’arma bianca che amministratori e privati cittadini compiono ai danni dell’ambiente. «Inviatemi le vostre foto - suggerisce Pejrone - cercheremo di farne un catalogo itinerante». Un monito contro gli attentatori della natura, al quale l’architetto sta lavorando insieme al professor Salvatore Settis e Oliviero Toscani (che già hanno lanciato l’iniziativa dalle colonne del Tirreno).
Pejrone parte dall’arte del giardinaggio per raccontare la sua idea etica di verde. Un verde semplice, un po’ rustico, felice (usa proprio questo aggettivo).
Lo ha fatto per due ore filate all’incontro organizzato a Villa Guerrazzi, davanti a una sala gremita e attenta, introdotto dal sindaco di Cecina Stefano Benedetti - che vorrebbe coinvolgerlo nella realizzazione del parco sul fiume - e intervistato dalla giornalista Maria Meini.
L’attore Giovanni Rindi ha letto alcuni brani del libro e, in apertura, la poesia-manifesto di Federico Garcia Lorca: il linguaggio dei fiori.
Chiamatemi giardiniere. Paolo Pejrone, 69 anni, torinese, all’attivo libri di successo e rubriche specialistiche e divulgative su quotidiani e riviste, è un acclamato architetto di giardini. Allievo di Russell Page, ha lavorato in tutto il mondo, progettando parchi e ville, ma preferisce definirsi giardiniere, dando così risalto all’aspetto pratico della sua professione, quello legato al fare, al rapporto diretto e concreto che si stabilisce tra l’uomo, la terra e le piante. Che hanno un’anima, ripete, sono vive, hanno dei tempi (la pazienza!) che dobbiamo rispettare: non sono un semplice abbellimento.
Sindaci, attenti. La sua critica è rivolta soprattutto agli amministratori, che - dice - spesso scambiano “gli alberi per pali”, elencando numeri di essenze messe a dimora senza ricordare quante di queste moriranno. Per colpa dell’incuria, o semplicemente per errori nella scelta del luogo e dei tempi... Si ispirino al nord Europa o ai francesi, suggerisce citando esempi pratici, maestri attuali del verde pubblico.
L’architetto Pejrone promuove i viali di palme (non quelle tristi isolate, immolate sulle rotatorie) e plaude alle piante semplici: oleandri, edera - valido sistema per coprire il cemento -; boccia i pratini all’inglese, troppo costosi e innaturali, così li definisce. Boccia anche la moda della “giardineria” di rotatorie e uscite stradali. E invita a progettare giardini pubblici sicuri e ben illuminati. Pochi parchi - è il suo consiglio - ma grandi, fruibili e ben tenuti.
No ai veleni, sì alla biodinamica. Ma il suo è anche un invito ai privati cittadini a riscoprire i tempi della natura, ad assecondarli. A buttare via i veleni chimici e ad avvicinarsi alla biodinamica, “semplicemente, per tappe”; dedicandosi all’orto e al giardino senza strafare. Là, dove “i silenzi sussurrano”, ascoltando “il canto degli usignoli”.

mercoledì 16 giugno 2010

La campagna del Fai. Fotografate, spedite e denunciate nasce l´archivio del paesaggio sfregiato

La campagna del Fai. Fotografate, spedite e denunciate nasce l´archivio del paesaggio sfregiato
MERCOLEDÌ, 16 GIUGNO 2010 LA REPUBBLICA - Firenze

Un rotolone di foto per denunciare lo scempio del bello. L´idea è di Oliviero Toscani, che insieme al Fai e al direttore della Normale di Pisa Salvatore Settis chiama a raccolta gli italiani in difesa del paesaggio. Tutti armati di macchina fotografica e telefonino per documentare e farsi delatori delle violenze e degli abusi che ogni giorno insidiano le città e devastano le campagne. Il progetto si chiama Nuovo Paesaggio Italiano. Ha l´ambizione di diventare archivio multimediale, sito internet, esposizione collettiva in costante aggiornamento, contenitore di infinite brutture, sbagli, scempi. L´invito è ad inviare immagini al sito www.nuovopaesaggioitaliano.it. L´obiettivo è raggiungere un primo "rotolone" di foto lungo 100 metri che sarà esposto nella prima mostra collettiva, il 10 luglio, a Suvereto in val di Cornia, nella cantina Petra di Terra Moretti. «Bisogna avere il coraggio di guardare e di dire che il Belpaese sta male, è invaso dalle armate nemiche - ha detto Settis - stiamo facendo a pezzi il paesaggio».

www.nuovopaesaggioitaliano.it

giovedì 3 giugno 2010

Lazio, movimenti uniti contro la devastazione del territorio

Lazio, movimenti uniti contro la devastazione del territorio

Liberazione del 3 giugno 2010

Daniele Nalbone

Una sola, grande vertenza contro la Regione per la difesa della salute, dell’ambiente e l’autogoverno dei territori. I Movimenti uniti del Lazio hanno deciso, «contro anni di scelte sbagliate da parte delle varie giunte», di scendere in piazza il prossimo 11 giugno. Appuntamento alle ore 10, a Roma, sotto la sede della Regione, in piazza Raimondi Garibaldi, «per chiedere» spiegano dai Movimenti uniti «la moratoria e il ritiro di tutti i progetti nocivi e devastanti che incidono o incideranno sul nostro territorio». Sono passati oltre tre mesi da quando, con la manifestazione dello scorso 6 marzo, tutte le realtà in lotta nel Lazio hanno deciso di unire le singole vertenze in una piattaforma unitaria. In questi mesi si sono ritrovati, ogni settimana, per fare il punto della situazione, aggiornare ogni vertenza sulla situazione delle altre. Hanno monitorato le parole delle due candidate alla presidenza alle ultime regionali.
Hanno atteso le nomine che hanno formato la Giunta Polverini. Alla fine, l’Assemblea permanente No Fly di Ciampino, i comitati Fiumicino Resiste "No al Porto", No Coke Alto Lazio, No Corridoio Roma-Latina, Risanamento Ambientale Guidonia, il coordinamento Contro l’Inceneritore di Albano, la Rete dei Cittadini No Turbogas di Aprilia, la rete per la Tutela della Valle del Sacco, hanno deciso che era il momento di tornare a far sentire la voce di quanti, in questi anni, stanno resistendo all’aggressione dei territori «da parte di chi» si legge nella piattaforma della manifestazione «vuole fare profitto sulla salute e sull’ambiente». La neo insediata Giunta Polverini, quindi, avrà subito il "benvenuto» da chi si oppone alla politica piegata agli interessi dei privati, «che schiacciai bisogni e le volontà delle popolazioni per favorire industriali e imprenditori che fanno profitto con lo sfruttamento dei nostri territori». Industriali e imprenditori "trasversali” vicini tanto al centrodestra della Polverini quanto al centrosinistra che fu di Marrazzo e poteva essere della Bonino.
Enel e la mortifera centrale a carbone di Torre Valdaliga Nord, in quel di Civitavecchia. La Colari di Manlio Cerroni e l’inceneritore ad Albano. Caltagirone e il porto turistico di Fiumicino, benedetto in campagna elettorale dal duo Polverini-Bonino e ribattezzato, per l’occasione, "Porto della Concordia". Quindi il Corridoio Tirrenico Sud, con le inutili e devastanti autostrada RomaLatina e la bretella Cisterna-Valmontone. La cementificazione della tenuta di Maccarese, di proprietà del gruppo Benetton, per far posto al raddoppio dell’aeroporto di Fiumicino. La costruzione di una centrale a turbogas ad Aprilia per volere della Sorgenia e del "libero editore" De Benedetti. E così via. Sonò questi i veri governatori dei Lazio. «Ed è contro di loro» spiegano dai Movimenti uniti «che in questi anni abbiamo "autodifeso" le nostre terre».
Una difesa non solo della salute e dell’ambiente, «ma per restituire il potere decisionale sui territori ai cittadini che vi abitano. Contro la militarizzazione e la criminalizzazione delle resistenze locali».

domenica 30 maggio 2010

venerdì 28 maggio 2010

Camogli, parlano gli alberi "Noi, condannati a morte"

Camogli, parlano gli alberi "Noi, condannati a morte"
28 maggio 2010, la Repubblica - GENOVA

Domani bambini e nonni in piazza, nel segno del verde

Camogli, parlano gli alberi "Noi, condannati a morte"

La protesta contro la realizzazione di quattro palazzine e un park interrato nell´ex scalo ferroviario

«SE NON ascoltate i cittadini, almeno sentite cos´hanno da dirvi gli alberi». Quelli che, secondo quanto accusano i camogliesi contrari alla realizzazione di quattro palazzine e un park interrato nell´ex scalo ferroviario, dovranno essere tagliati o spostati. E domani, per tutta la giornata, "cittadini albero" di tutte le età, dai bambini delle elementari ai nonni saranno protagonisti di una protesta che avrà anche momenti di gioco e di spettacolo. Per trasformarsi in alberi basta una pettorina verde o rossa con il profilo di un albero e sopra scritto "sono stato condannato a morte causa cementificazione", oppure "sarò sfrattato causa cementificazione". D´altro canto, dicono i promotori del Comitato ex scalo ferroviario, iniziative precedenti non hanno avuto ascolto dall´amministrazione comunale di centrosinistra, e una sorta di "volantinaggio" con i manifestini attaccati ai tronchi degli alberi è stato sollecitamente sventato dai vigili urbani. E allora, dicono, proviamo con il gioco: dalle 10 del mattino nella piazza del Teatro consegna delle pettorine e giochi per i bambini fino alle 13 in piazza Schiaffino; dalle 16 ancora gli "alberi" in piazza Schiaffino, da dove le chiome verdi e multicolori si sposteranno in piazza Colombo, nel porticciolo, per spiegare prima del concerto del coro "Cantolibero", gli sviluppi della lotta contro la prevista urbanizzazione.
C´è una realtà trasversale ad accompagnare la mobilitazione del Comitato ex Scalo ferroviario, nato tra i residenti: perché insieme all´opposizione di centrodestra ci sono il comitato dei genitori, e numerosi gruppi ambientalisti e di vario orientamento, sinistra compresa. Tutti convinti che costruire quattro palazzine che in alcuni punti disteranno solo sei metri dai binari, non solo è uno scempio paesaggistico, ma un rischio reale per la sicurezza (la tragedia di Viareggio insegna). Secondo il sindaco Italo Mannucci (a costruire sarà una società mista tra Comune, che avrà una palazzina per housing sociale, e privati) i rischi sono attentamente calcolati ed evitati. Gli alberi non si fidano mica, però.
(d. al.)

domenica 23 maggio 2010

Vista dal ponte - Civita Castellana


Vista dal ponte - Civita Castellana

giovedì 20 maggio 2010

martedì 18 maggio 2010

Veduta di Taormina dal teatro greco


Veduta di Taormina dal teatro greco

lunedì 10 maggio 2010

sabato 8 maggio 2010

Courmayer e il colle del Gigante in Val d'Aosta

Courmayer e il colle del Gigante in Val d'Aosta

venerdì 7 maggio 2010

giovedì 6 maggio 2010

venerdì 30 aprile 2010

mercoledì 28 aprile 2010

piante di Villa di Quintilius Varus - Tivoli

piante di Villa di Quintilius Varus - Tivoli

lunedì 26 aprile 2010

sabato 24 aprile 2010

Sacro Bosco vicino al monumento di Celilia Metella - Via Appia

Sacro Bosco vicino al monumento di Celilia Metella - Via Appia

giovedì 22 aprile 2010

martedì 20 aprile 2010

domenica 18 aprile 2010

venerdì 16 aprile 2010

giovedì 25 marzo 2010

Il paesaggio lombardo prima del cemento

Il paesaggio lombardo prima del cemento
SABATO, 20 MARZO 2010 LA REPUBBLICA - Milano

Un viaggio nella memoria attraverso le vedute dei pittori dell´Ottocento raccolte alla Villa Reale di Monza

MICHELE TAVOLA
Dalle rive del lago Maggiore a quelle del Garda, dalle campagne della Brianza alle cime delle Alpi, dai borghi rurali della Val Brembana alle cascate del Serio: ecco com´era la Lombardia nell´800, prima che iniziasse la cementificazione selvaggia. Un viaggio alla scoperta del nostro territorio, quando era verde e incontaminato, attraverso 80 quadri prestati dai musei della "Rete dell´800 Lombardo".
Questo nostalgico amarcord, che accompagna idealmente il visitatore spettatore negli angoli più pittoreschi della regione, va in scena da oggi al Serrone della Villa Reale di Monza, dove è allestita la prima mostra dedicata al paesaggio lombardo del XIX secolo (a cura di Fernando Mazzocca, catalogo Allemandi). Tra le vedute più suggestive si incontrano Il ponte di Cassano D´Adda, una delle più importanti opere pubbliche d´età napoleonica, dipinto nel 1816 da Carlo Gozzi, L´orrido della Val Taleggio di Costantino Rosa, con i suoi strapiombi terrificanti, e il nitido "ritratto" della Villa Reale di Monza, con i suoi splendidi giardini, firmato nel 1804 da Raffaele Albertolli, figlio del Giocondo che realizzò gli stucchi e gli arredi del Palazzo Reale di Milano e della Scala. Incuriosisce la presenza di Massimo d´Azeglio, che oltre a essere stato uno degli uomini politici più celebri del suo tempo e ad avere sposato Giulia Manzoni, la figlia di Alessandro, fu anche pittore di tutto rispetto: è sua La galleria di Varenna, uno degli scorci più belli del Lario. Attenzione anche alla Risaia del 1864 di Luigi Steffani, quadro sconosciuto ma di fondamentale importanza perché è il prototipo di un capolavoro, Per 80 centesimi, dipinto trent´anni più tardi da Angelo Morbelli.
L´ultima sala celebra il trionfo della pittura divisionista, con opere che hanno fatto la storia dell´arte moderna italiana (tutte solitamente esposte alla Gam di Milano): quattro tele dal Poema panteista di Vittore Grubicy de Dragon, lo straordinario Paesaggio sul Maloja di Giovanni Segantini, due paesaggi alpini di Emilio Longoni e un Meriggio di Gaetano Previati. Il biglietto (12 euro) consente anche la visita di nove sale di villa Villa Reale recentemente restaurate.

Là dove c’era l’erba c’è una città


Là dove c’era l’erba c’è una città
Mercoledì 24 Marzo 2010- L'ARENA

FOTOGRAFIA. Il volume curato da Michela Morgante documenta la storia del quartiere

Oggi alle 17 all’auditorium Giulio Bisoffi della Cattolica assicurazioni in via Calatafimi 10A (Borgo Trento) verrà presentato il volume Borgo Trento, un quartiere del Novecento tra memoria e futuro, a cura di Michela Morgante. La pubblicazione segue la mostra fotografica e documentaria sulla storia del quartiere tenutasi all'Arsenale nel novembre 2008. La ricerca all’origine dell’iniziativa, promossa dall'associazione Anziano e Quartiere, si propose ricostruire identità di un borgo che pare condannato all'anonimato.
Il volume, oltre 200 pagine illustrate, restituisce la grande mole di materiale fotografico e documentario prevalentemente inedito rinvenuto dai partecipanti nel corso del laboratorio, esplorando archivi pubblici e collezioni private e le vecchie annate dell'Arena. Il volume sarà distribuito in omaggio ai partecipanti al termine della presentazione.
Come già la mostra, anche la pubblicazione è una passeggiata fotografica nei luoghi-chiave del quartiere — via Nino Bixio, lungadige Matteotti, piazzale Cadorna, l'Arsenale, via IV Novembre, piazza Vittorio Veneto— ripercorsi in sequenza cronologica, secondo l'urbanizzazione del Borgo, tra i primi del secolo e la metà degli anni Settanta. Nei due saggi introduttivi. Michela Morgante e Maddalena Basso inquadrano le vicende urbanistiche del quartiere veronese sullo sfondo degli sviluppi più generali dell'architettura italiana del Novecento, con particolare riferimento all'edilizia abitativa per la media e piccola borghesia.
Molte le suggestioni offerte dall'ampio materiale compreso nella sezione iconografica del volume, con curiosità di carattere storico-documentario come le fotografie originali del complesso di villini per i Postelegrafonici, oggi per larga parte andato perduto, oppure il primo progetto per l'edificio «a ponte» all'imbocco di viale della Repubblica (firmato da Angelo Invernizzi ed Ettore Fagiuoli, la stessa coppia che in quegli anni disegna la casa del Girasole di Marcellise), e ancora le immagini del frequentatissimo chiosco della gelateria Pampanin nei giardini fuori da ponte Garibaldi, i disegni dell'architetto istriano Bruno Milotti per la chiesa di San Pietro Apostolo in piazza Vittorio Veneto («la Grosta de Formaio») recentemente ristrutturata e un'ampia documentazione sulla costruzione del famoso condominio «dei Spàrasi» a metà di via IV Novembre (1952), quello con i loggiati a colonne al posto della facciata, progettato da Gianfranco Bari. Dopo il tramonto dell’iniziale progetto di costruire una «città giardino», con il boom del secondo dopoguerra, si assiste a una omologazione dal basso. «Catapecchie di lusso»: così il soprintendente Piero Gazzola sentenziò delle nuove cortine di palazzi, che hanno tolto alla Verona storica la vista del Baldo. Se in precedenza il disordine urbanistico aveva comportato una varietà di soluzioni stilistiche non priva di qualche esito felice, a quel punto si impone la monotonia di grandi edifici, salvo eccezione privi di pregi estetici.
Il libro colma un vuoto storiografico. Un libro da leggere, da guardare e da meditare. Soprattutto da chi in Borgo Trento vive, perché, dopo averne ripercorso le vicende, si accorgerà di guardare in modo diverso ciò che ha visto un'infinità di volte.
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nel disegno, dal nostro archivio: Castel San Pietro visto dall'Adige

giovedì 18 marzo 2010

Cornegliano

Cornegliano

Cementificare, una scelta sbagliata che non rispetta i ritmi della terra

Cementificare, una scelta sbagliata che non rispetta i ritmi della terra
PAOLO ROGNINI
MERCOLEDÌ, 17 MARZO 2010 il tirreno - Spettacolo

Equilibri fragilissimi che possono essere rotti dalle attività umane

La terra, questa sconosciuta. Forse pochi di noi ci riflettono ma essa è la base fondamentale della vita e della produzione alimentare per tutta l’umanità. È sul suolo che si coltiva, che si semina e si raccoglie, che si allevano gli animali. Ed è sempre il suolo che filtra oltre la metà dell’acqua che beviamo e gran parte dell’aria che respiriamo. Gli specialisti che studiano questo particolare ambiente si chiamano pedologi e c’è un gruppo qui in Toscana particolarmente attivo: il gruppo di chimica del suolo dell’Università di Pisa. Saviozzi e Cardelli, pedologi, hanno fatto ricerche interessantissime sugli esseri viventi che abitano gli oscuri meandri di questo misterioso habitat. Le loro ricerche hanno dimostrato quanto ancora c’è da scoprire soprattutto sulle specie non ancora identificate. Anche se nessuno lo sospetta, un suolo per essere “maturo”, può impiagare fino a 100.000 anni: un equilibrio fragilissimo che può essere rotto dalle attività umane. In particolare tutto ciò che viene costruito, cementificato, urbanizzato esaurisce questa preziosa risorsa non rinnovabile.
In Toscana, nuovi modelli costruttivi come la grande distribuzione commerciale e l’espansione delle aree residenziali stanno divorando 1500 ettari all’anno. Sono poco più di 4 ettari al giorno - 4 campi di calcio - ingurgitati dalle ruspe, sigillati dal cemento e dall’asfalto. Riusciremo un giorno a capire che conservare questo scrigno pieno di ricchezze ancora nascoste, significherà conservare la vita anche per le generazioni future?

martedì 9 marzo 2010

lunedì 22 febbraio 2010

Alla scoperta del Lazio dimenticato

Alla scoperta del Lazio dimenticato
Gabriele Simongini
22/02/2010 IL TEMPO

Da Palazzo Chigi di Ariccia a Villa Lante di Bagnaia, viaggio nel museo diffuso attorno a Roma. E la sovrintendente ai Beni artistici rilancia: basta steccati, ci vogliono sinergie con la Capitale.

Villa Lante a Bagnaia, Viterbo «Roma nel Lazio, il Lazio a Roma». Ecco la dichiarazione d'intenti appena lanciata dalla nuova Soprintendente per i Beni Storici ed Artistici del Lazio, Anna Imponente, pronta a promuovere una piccola rivoluzione nei musei regionali. «Dobbiamo superare – spiega – una radicata mentalità localistica, che ostacola una proficua sinergia culturale tra Roma e le altre città del Lazio. Per esempio, se si pensa ad un evento sulla famiglia Chigi non ha molto senso organizzarlo solo a livello di cittadina locale ma quanto meno a livello regionale, Roma compresa. Vogliamo creare una rete diffusa di progetti sul territorio per intercettare anche le nuove forme di turismo. Penso ad un itinerario della spiritualità. E in proposito collaboriamo con una casa di produzione cinematografica per un documentario sulle abbazie benedettine del Lazio».


Dal suo ufficio romano di Piazza San Marco, nelle cui sale il grande Antonio Canova fra il 1810 e il 1814 aveva diretto l'Accademia di Belle Arti del Regno d'Italia, Anna Imponente è una fucina di iniziative. «Andando a vedere – incalza – lo straordinario Palazzo Farnese a Caprarola: mi sono resa conto di quanto siano carenti le indicazioni didattiche. Avviene anche altrove. Ecco, bisognerà creare un progetto didattico efficace, capace ad esempio di raccontare lo strepitoso collezionismo dei cardinali rinascimentali. E poi occorre valorizzare la storia di luoghi eccezionali, da Viterbo a Tivoli, da Bagnaia ad Oriolo Romano, ed integrarla con le tradizioni etnoantropologiche e le nuove realtà dell'economia locale. Senza trascurare un potenziamento dei mezzi di collegamento, in accordo con gli enti territoriali».


La Imponente pensa pure al turismo internazionale e quindi alla realizzazione di materiale informativo anche in lingue orientali, con particolare attenzione per la Cina, visto che quello appena iniziato è «l'anno della Cina in Italia». «Promuoveremo conferenze – dice – per valorizzare il territorio laziale in collaborazione con la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale. Poi, tengo molto a due riviste: la prima, “Latium”, nata durante la precedente gestione, è ordinata per secoli e attenta alle linee artistiche che si sono succedute fino al ‘900; la nuova, “Guida al patrimonio storico-artistico del Lazio”, sarà una vetrina sui ritrovamenti, i restauri e i musei della regione».


E a proposito di restauri, la Imponente vuole dar vita finalmente ad un laboratorio di restauro della Soprintendenza negli spazi del Mattatoio, a Testaccio. Neppure l'arte contemporanea resta esclusa dai suoi progetti, vista anche l'esperienza maturata alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna: «Villa d'Este a Tivoli – precisa – ospiterà sempre di più rassegne d'arte contemporanea e di grandi fotografi che hanno inseguito un personale rapporto con la classicità. Ma anche la sede della Soprintendenza a Piazza San Marco si sta arricchendo con interventi permanenti di artisti contemporanei, oltre ad un omaggio ad un grande scultore come Lorenzo Guerrini. E forse bisognerà pensare anche al lavoro di un gigante come Umberto Mastroianni, poiché mi risulta che molte sue opere attendono ancora una collocazione definitiva ad Arpino».


Ma c'è un pensiero costante nel cuore della Imponente ed è rivolto all'Abruzzo, essendo stata Soprintendente a l'Aquila proprio durante l'emergenza terremoto. «La nostra regione – ci dice – deve coltivare un legame con l'Abruzzo nel segno di una forte continuità territoriale e storica, come dimostra ad esempio Amatrice, oggi in provincia di Rieti ma fino al 1927 parte integrante della provincia dell'Aquila».
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nel disegno, dal nostro archivio: Villa D'Este - Tivoli

venerdì 12 febbraio 2010

VISITA GUIDATA MOSTRA: " LA CAMPAGNA ROMANA"

da facebook
link evento http://www.facebook.com/event.php?eid=297813629826
VISITA GUIDATA MOSTRA: " LA CAMPAGNA ROMANA"

Data: sabato 13 febbraio 2010
Ora: 16.00 - 18.00
Luogo: Complesso del Vittoriano
Indirizzo: Via San Pietro in Carcere
Città/Paese: Rome, Italy

SABATO 13 FEBBRAIO ore 16.00

" LA CAMPAGNA ROMANA DAI BAMBOCCIANTI ALLA SCUOLA ROMANA"
Complesso del Vittoriano. Via San Pietro in Carcere

Protagonista Roma e la suggestiva campagna romana nell'arte figurativa:
in mostra 150 opere tra olii, acquarelli, disegni e incisioni provenienti
da collezioni private ed esposte per la prima volta al pubblico. Un viaggio nel tempo e nella memoria che prende il via dai Bamboccianti - scuola pittorica del '600 che vede come maestro Pieter Van Laer- agli artisti che visitavano Roma in occasione del Grand Tour - Hubert Robert- fino ad arrivare ai primi del Novecento ed ai grandi pittori della Scuola Romana
-Giulio Turcato, Corrado Cagli e Francesco Trombadori-. Il fascino della campagna romana, della sua luce fra i Colli Albani, le montagne paludose della Sabina fino al Circeo, sorprende nell'opera di Bartolomeo Pinelli, Pittor de Roma, che rende il dettaglio delle osterie romane popolate da personaggi vestiti in costumi tipici, gli stessi presenti nel museo. Una mostra che svela squarci e immagini di una Roma ormai sparita.

Costo: 12 Euro ( ingresso gratuito per tutti: la quota comprende la prenotazione, la visita e le cuffie)
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
Appuntamento davanti l'ingresso del museo.
ULTIMO GIORNO MOSTRA


domenica 7 febbraio 2010

martedì 2 febbraio 2010

Le ville venete in un catalogo: più di 3.800, ma pochi soldi.


Le ville venete in un catalogo: più di 3.800, ma pochi soldi.
IL GAZZETTINO – 2 febbraio 2010

Le ville venete sono un patrimonio che il mondo ci invidia, ma non esistono solamente le dimore monumentali che tutti conoscono, a cominciare da quelle palladiane. Nel solo Veneto le ville sono quasi 3 800, di cui solamente la metà sono sottoposte a vincolo di tutela da parte dello Stato. Le rimanenti sono in grave pericolo: 223 sono in pessimo stato di conservazione, 35 sono ridotte ormai a ruderi e tre sono state addirittura demolite negli ultimi dieci anni. Sono le cifre di una débacle culturale, quelle descritte dalla presidente dell'Istituto regionale ville venete, Nadia Qualarsa, che ieri ha presentato nella sede della Cassa di risparmio di Venezia, il catalogo integrale delle costruzioni, accessibile da subito su Internet all'indirizzo http//catalogo irvv net. Qui si troveranno la descrizione del manufatto, notizie storiche, dati analitici, stato di conservazione, informazioni sui restauri, utilizzi attuali, orari di apertura al pubblico, proprietà e vincoli. «L'operazione - spiega Qualarsa - ha richiesto un anno di lavoro e un investimento di 230 mila euro, ma alla fine il risultato è tangibile, nel senso che è a disposizione di tutti una mole immensa di documentazione che prima era accessibile solo agli studiosi che per reperirle si dovevano recare in molti luoghi differenti». Approfittando della presenza del vicepresidente del Consiglio regionale, Carlo Alberto Tesserin, Qualarsa ha ricordato come un finanziamento di soli 300 mila euro l'anno sia insufficiente alle esigenze dell'ente. La provincia con il maggior numero di ville venete è Treviso (785), seguita da Verona (676), Vicenza (670), Padova (633), Venezia (573), Rovigo (251) e Belluno (195). Solo 159 (il 4,2 per cento del totale) sono le ville aperte regolarmente al pubblico per visite in orari prestabiliti.
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nota, nel disegno, dall'archivio del nostro blog:
Monumento ad Andrea Palladio eretto in Vicenza

Mettiamo ordine al disordine del suolo

Mettiamo ordine al disordine del suolo

Europa del 29 gennaio 2010

Elisabetta Zamparutti

E' stata approvata all' unanimità dall`aula di Montecitorio una mozione unitaria sulla messa in sicurezza del territorio, la riqualificazione edilizia e redlizia sostenibile. La discussione ha preso l`avvio da un testo dei radicali firmato da tutti i parlamentari del Pd in commissioneambiente, frutto di un lavoro congiunto con le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente, Comitato nazionale del paesaggio, Fai e con l'Istituto nazionale di urbanistica e la maggioranza che ha dato un importante contributo quanto ai dati sul dissesto idrogeologico del paese.
Un testo originariamente scritto allindomani dellalluvione che colpì Messina e che è stato votato a distanza di pochissimi giorni dalla tragedia di Favara. Drammi diversi certo, ma comunque tragica espressione della cattiva gestione del territorio, dell'assenza di un' efficace azione di tutela e delle gravissime carenze della politica urbanistica ed edilizia che ha connotato gli ultimi sessant'anni.
Stella polare del testo approvato è il principio per cui il suolo è una risorsa ambientale non riproducibile la cui trasformazione produce effetti su ambiente e paesaggio. Ne consegue, e tutti i gruppi parlamentari hanno contribuito fornendo dati sullo stato di sovra urbanizzazione del paese, la necessità di privilegiare, anche ai fini del rilancio del settore dell`edilizia, la trasformazione e la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente privo di qualità e non sismico, nonché la delocalizzazione degli edifici costruiti in aree a rischio o non idonee.
Sono decenni che Marco Pannella, Aldo Loris Rossi e il Partito radicale pongono alfattenzione della politica italiana ed europea questo problema in particolare per l`area vesuviana e dei Campi Flegrei.
Ma la mozione pone anche l`attenzione su altri concetti: si parla di efficienza energetica degli edifici, di "casa qualità" e di qualità archittetonica, oltre che di protezione dellintegrità delle aree agricole e di "controprestazioni ecologiche" come già avviene in Germania, Olanda e Stati Uniti.
Ma soprattutto si è preso atto del disordine che regna in tema di monitoraggio degli usi, e dunque anche dei consumi ed abusi, di suolo, disordine che è stato funzionale a mio avviso al saccheggio del territorio ad opera di tutte le forze politiche che si sono succedute dal dopoguerra in poi. Su questo l`impegno del governo è, da oggi, ad avviare unanalisi sistematica degli usi del suolo su tutto il territorio nazionale secondo criteri uniformi e a rafforzare la dotazione strumentale cartografica sugli usi dello stesso. Come radicali, ma con una proposta di legge ad hoc, chiediamo poi anche l`istituzione di un Osservatorio nazionale sugli usi del suolo. Insomma ravvio, se penso allaccezione propria che il termine ha nel linguaggio domestico, del governare come capacità di mettere e tenere in ordine in casa propria. Il voto però è stato, come avviene nei contratti, solo l`apposizione di una firma su un accordo, quello tra parlamento e governo. Ora inizia la fase più difficile, quella dell'esecuzione dello stesso.

sabato 30 gennaio 2010

LE ROVINE DEL NOVECENTO. RIFIUTI, ROTTAMI, RUDERI E ALTRE EREDITÀ

OLIVER BROGGINI

LE ROVINE DEL NOVECENTO. RIFIUTI, ROTTAMI, RUDERI E ALTRE EREDITÀ

DIABASIS 2009

«Le rovine del Novecento parlano,a chi abbia voglia di stare ad ascoltare; e, spesso, lanciano segnali d’allarme che non abbiamo ancora saputo o voluto ascoltare; raccontano i cattivi esempi dai quali non abbiamo preso solo le distanze, gli errori dai quali – a quanto pare – non abbiamo imparato nulla».

Cosa accomuna gli alpeggi abbandonati dell'arco alpino e la piramide di cemento incompiuta che torreggia sulla capitale nordcoreana? Che somiglianze ci sono tra i resti degli esperimenti nucleari su alcuni atolli del Pacifico occidentale e lo stabilimento modenese che avrebbe dovuto produrre la migliore automobile sportiva di lusso degli anni Novanta? Come è possibile mettere nello stesso discorso il relitto del Titanic e i bunker nazisti abbandonati sulle coste settentrionali francesi? La risposta è un itinerario di viaggio ai quattro angoli del globo, alla ricerca delle rovine del Novecento. Un patrimonio del tutto differente dai resti che le civiltà preindustriali avevano lasciato in eredità ai loro posteri. Un'eredità ingombrante, talvolta agghiacciante in quel che ha da raccontare a chi la osserva, e capace soprattutto di inquietare, più che di invitare alla contemplazione. Tracciando un percorso filosofico e concreto - da Heidegger ai videogiochi di ultima generazione, dai teorici postmoderni alla manutenzione dei centri commerciali - il libro sviluppa una teoria delle rovine contemporanee e un ampio catalogo di storie ed esempi, raccolti in tutto il Pianeta.

martedì 26 gennaio 2010

Il giardino di Isola Bella



"Il paesaggio naturale e culturale rimane indefinito fino a che la coscienza non lo trasforma in parole, immagini, racconti e rappresentazioni. Rappresentazioni che non solo danno visibilità al paesaggio ma significato e senso all'esperienza della vita nel tempo e nello spazio."
C. G. Barbisio, introduzione, Laura Lettini e Daniela Maffei,
"Place Identity Self Identity", Tirrenia Stampatori, Torino, 1999

nella foto: Il giardino di Isola Bella

Paesaggio italiano

Paesaggio Italiano

I luoghi con l' anima sono tanti e diversi, come i punti di vista che incrociano paesaggi naturali, umani e urbani.
Richiamandoci ad Hillman possiamo dire che gli oggetti non sono neutri, la trasformazione dell'ambiente e del paesaggio ha conseguenze dirette sulla nostra umanità sociale e psicologica.
Il paesaggio è obiettivo politico d’interesse generale, come diritto e responsabilità del singolo e delle comunità, come patrimonio, identità ed eccellenza da cui scaturiscano senso dell’abitare, appartenenza, convivialità, benessere economico, bellezza.
Si tratta, con le parole di Riccardo Priore, di "salvaguardare, ripristinare, valorizzare o favorire l’emergenza dei caratteri identitari che costituiscono il valore di un luogo, consentendone la sostenibilità ecologica e culturale; di assicurare in tal modo che una comunità disponga di immagini originali e differenzianti in cui identificarsi. Ad ogni comunità deve essere quindi offerta la possibilità di rispecchiarsi nel paesaggio, di immedesimarsi nelle forme del territorio sostrato del proprio insediamento; una volta che vi si sarà riconosciuta, una comunità potrà considerare queste forme alla stregua di un tratto auto-qualificante. Grazie al suo potenziale simbolico, quale rappresentazione della capacità di una società di esistere ed integrarsi in un mondo sempre più globalizzato, il paesaggio prodotto potrà così essere alla fonte di un progetto capace di accrescere le occasioni di benessere psico-fisico, di identità cultuale e di ricchezza civile ed economica di ciascun abitante".
La 'perdita del nostro paesaggio significa l'appiattimento della nostra relazione con il mondo.
Facciamo nostre le parole di James Hillman: “Il mondo è un’esperienza estetica, anche se non tutti gli esseri umani ne sono coscienti. Questo può valere per un condizionatore d’aria così come per il corpo estraneo sulla facciata di un antico palazzo, la panchina rotta abbandonata in un parco. E poi l’aria, la luce, la strada in cui viviamo, le parole che le persone si scambiano tra di loro: tutto intorno a noi sta diventando ogni giorno più brutto.
(…)
Dovete far sentire la vostra voce, che sarà quella del dissenso. Fate qualcosa di utile. Perché non dobbiamo mai, nemmeno per una volta, accettare ciò che non è accettabile. Dobbiamo sempre ripeterci: “No, noi questo non lo accettiamo”.
(…)
Bisogna scegliere un tema che ci tocca profondamente. E poi bisogna agire, fare qualcosa per cambiare. Credo sia sbagliato pensare di poter fare tutto o affrontare troppi problemi insieme.
Al contrario, ognuno di noi dovrebbe occuparsi di quello che considera davvero importante, per quanto marginale sia nella grande battaglia del mondo.
(…)
Bisogna lottare, invece. E dedicarsi totalmente a una causa. Unirsi a quanti provano le tue stesse emozioni, che condividono le tue idee. E cercare di produrre un cambiamento. Anche piccolo. Il mondo invia ogni giorno dei messaggi, positivi o negativi. il nostro compito è rispondere. Ogni giorno.

martedì 19 gennaio 2010