mercoledì 9 febbraio 2011

Campi, boschi e oliveti. Censiti i 123 paesaggi che vanno salvati. Il Catalogo degli ambienti rurali, interviene Napolitano.

Campi, boschi e oliveti. Censiti i 123 paesaggi che vanno salvati. Il Catalogo degli ambienti rurali, interviene Napolitano.
LORENZO SALVIA
CORRIERE DELLA SERA – 7 febbraio 2011

ROMA — I cosiddetti campi baulati del Casalasco, al confine tra le province di Cremona e Mantova. Una terra descritta da Virgilio nella sue Egloghe e conosciuta per quell'infilata di terreni a schiena di mulo e canali di scolo, salvezza contro le alluvioni e le piene del Po o dell'Oglio. Oppure la vite maritata a Giugliano, in Campania, dove i tralci vengono fatti arrampicare in alto, fin sulla cima dei pioppi. O ancora gli oliveti terrazzati di Vallecorsa, nel Lazio, simbolo di quanta fatica e intelligenza ci sia nel lavoro della terra, con i contadini che hanno scavato nella roccia per fare spazio alle piante e proteggerle. E poi i carrubeti dei Monti Iblei in Sicilia, le foreste della Val Cadino in Trentino, la piana di Castelluccio in Umbria, il bosco di Sant'Antonio in Abruzzo. E un Grand Tour nell'agricoltura italiana, e quindi nella nostra storia di tutti i giorni, quello disegnato dalle pagine del Catalogo nazionale dei paesaggi rurali storici. Più di 120 esempi di come la mano dell'uomo si possa intrecciare felicemente con la natura, creando allo stesso tempo un sistema economico capace di produrre e un angolo di mondo dove vivere bene. Un tesoro accumulato anno dopo anno, secolo dopo secolo. Ma che rischia di scomparire sotto i colpi dell'agricoltura industriale e dell'abbandono. Il Catalogo è stato promosso dal gruppo di lavoro per il paesaggio istituito presso il ministero delle Politiche agricole ed è opera di 80 studiosi provenienti da 14 università italiane. Un progetto che ha avuto il patrocinio del Fai, il Fondo ambiente italiano, del Consiglio d'Europa e dell'Unesco che lo presenterà nell'ambito della convenzione mondiale del paesaggio. E che rappresenta una delle iniziative per celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia, al punto che a giugno si trasformerà in una mostra al Vittoriano di Roma. Cosa c'entri l'Unità d'Italia, lo spiega il presidente della Repubblica nella prefazione al volume pubblicato da Laterza: «Il paesaggio italiano — scrive Giorgio Napolitano — è tratto inconfondibile della nostra identità nazionale e fattore essenziale di attrazione e di forza dell'Italia anche nel nuovo contesto internazionale». Un patrimonio da non sprecare, dunque. E non c'entra solo la nostalgia dei bei tempi andati. Dal 1920 abbiamo abbandonato circa 13 milioni di ettari di terreni coltivati, anche per questo importiamo il 60% del grano di cui abbiamo bisogno. E visto che in un anno il prezzo dei cereali è più che raddoppiato non si tratta solo di una questione da convegno per esperti ma di una guaio serio per tutti. Negli ultimi 100 anni i boschi hanno quasi triplicato la loro estensione, e questo è avvenuto proprio per l'abbandono delle campagne minacciate anche dall'urbanizzazione. Sempre di verde si tratta, certo, ma di un verde che cancella la tante colture e tradizioni che hanno fatto ricco il nostro Paese. «L'agricoltura industriale — spiega Mauro Agnoletti, coordinatore scientifico del progetto e professore di Pianificazione del territorio agricolo e forestale all'Università di Firenze — ha degradato il paesaggio ed è stata sconfitta dal mercato proprio perché incapace di competere in termini di qualità, quantità e costi. Il Catalogo è il primo passo per sviluppare un altro modello di agricoltura, basato sulla qualità dei prodotti abbinata alla qualità del paesaggio, un valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza». Per capire meglio bisogna camminare in uno dei 123 paesaggi elencati nel volume: la Valle Uzzone, in Piemonte. Qui si segue ancora il metodo della policoltura: boschi e prati si alternano a piccoli appezzamenti dove, fianco a fianco, ci sono cereali, noccioleti, vigne, frutteti, piccoli orti. Anche l'allevamento sfugge al principio moderno (moderno?) della produzione intensiva. Le vacche che pascolano libere su questi prati vengono utilizzate per tutti e tre gli scopi pensati da madre natura: latte, carne e lavoro. Un piccolo mondo antico destinato a scomparire senza speranza? Forse. Ma i prodotti della valle (formaggi, vino, frutta) hanno un buon successo commerciale e specie negli ultimi anni sono arrivati molti turisti. Il sistema funziona. «Conservare il paesaggio — dice il professor Agnoletti — non vuol dire solo migliorare la qualità della vita delle popolazioni, ma anche avere a cuore l'identità culturale del nostro Paese. L'immagine che all'estero hanno di noi si basa anche su questo, abbiamo a disposizione un importante strumento di promozione per tutto il sistema Paese». Con una speranza finale che guarda all'immediato futuro: «Che l'Italia si faccia promotrice di una maggiore attenzione al paesaggio nella riforma in corso delle Politiche agricole comunitarie».

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