lunedì 29 agosto 2011

Sette milioni di olivi a rischio abbandono così la spesa al mercato modifica il paesaggio

Sette milioni di olivi a rischio abbandono così la spesa al mercato modifica il paesaggio
MARIA CRISTINA CARRATÙ
La Repubblica 23-08-11, pagina 2 sezione FIRENZE

COLLINE e campi, vigne e oliveti, fattorie e stalle, e case coloniche rimaste com' erano al tempo della mezzadria. Non è forse questo, la Toscana? Un paesaggio che è anche economia, e viceversa, e per questo grava cittadini e amministratori pubblici di una responsabilità in più. La Mukkilatte, azienda partecipata da Regione, Comuni di Firenze, Pistoia e Livorno, Camera di commercio, con già all' attivo il latte Mugello «doc», ha da poco varato il latte alta qualità 100% toscano, proveniente esclusivamente da stalle della regione e non anche, come il normale Mukki, da quelle italiane. Un modo per salvare la filiera toscana della produzione, ma anche per evitare che la sparizione delle stalle provochi una modifica dello «skyline» regionale, un «brand», peraltro, che aggiunge valore allo stesso prodotto. E un' analoga campagna di protezione e rilancio del made in Toscana partirà fra poco sul fronte dell' olio extravergine di oliva, causa la «crisi da abbandono» degli oliveti che da tre o quattro anni ha colpito circa un terzo dei circa 20 milioni di piante toscane, specie nelle aree interne, fiorentina, lucchese, pisana, senese, aretina, con l' eccezione (grazie a più favorevoli caratteristiche geografiche e al maggior ricavo d' olio per pianta, 3-4 chili contro l' 1 e mezzo delle altre) di livornese e Maremma. Un fenomeno allarmante, causato, come spiega Roberto Negrini, presidente di Legacoop agroalimentare toscana che sta curando un progetto di Banca della terra a sostegno degli agricoltori in difficoltà, «da molti fattori: la concorrenza dell' olio mediterraneo, compreso quello italiano del sud, sempre più capaci di competere sulla qualità, costi di produzione su cui incidono terreni difficili da coltivare, piante spesso molto vecchie, potature in gran parte non meccanizzate, nonché l' età dei coltivatori», in una regione dove oltre un terzo di chi lavora la terra supera i 70 anni, e senza turn over in vista. In più ci si è messa la crisi, di cui era ovvio risentisse un mercato di alta qualità e alto prezzo. Col rischio, paventato da qualcuno, che anche qui canti la sirena delle coltivazioni a ricavo sicuro, vedi i girasoli, non a caso raddoppiati negli ultimi due-tre anni. Certo è che sui dolci declivi collinari, sempre più spesso ci si imbatte in olivi coperti di rampicanti, mezzi secchi e impraticabili, che provocano una stretta al cuore: perché non è solo uno spreco, ma anche un attentato all' ambiente, a un mondo «da guardare». «Un dramma silenzioso, cominciato nelle piccole aziende e si sta estendendo alle grandi» conferma Tullio Marcelli, presidente di Coldiretti toscana, «vedere le colline di Fiesole lasciate a se stesse è un' offesa non solo a un settore produttivo, ma a un paesaggio impagabile». Una crisi di cui parlano i numeri: a fronte di costi di produzione che si aggirano sui 710 euro per chilo d' olio, chi cerca di vendere a un grossista il suo prodotto non strappa più di 4 euro e mezzo, massimo 5. Va meglio a chi è organizzato per la vendita diretta, e a i soci delle tre grandi «centrali» cooperative (Montalbano, Olma e Terre dell' Etruria, cui viene conferito circa il 60% del prodotto toscano), che ottengono circa 5 euro e 80 più Iva (4%). «Abbiamo a che fare con un' olivicoltura a due velocità» dice Fabrizio Filippi, presidente del Consorzio dell' olio extravergine Igp toscano (11.700 iscritti, 40 mila quintali di olio commercializzati e circa 80 mila prodotti nel 2010, su 200 mila totali della regione): «Quella delle piccole aziende a vendita diretta, con la loro nicchia di mercato, e ricavi interessanti anche se non da business, e quello di chi passa dai grossisti, con remunerazioni minime». L' allarme è scattato: «L' olivo toscano va sostenuto sia quando può produrre olio, sia come presidio del paesaggio» assicura l' assessore all' agricoltura Gianni Salvadori. E la Regione (che a settembre convocherà un tavolo di filiera, e per l' autunno punta a un piano olivicolo regionale) è pronta: da un lato si tratterà di «incrementare, dove è possibile, i margini dei redditi, cioè meccanizzare e ridurre i costi di raccolta, valorizzare i sottoprodotti come la sansa (per produrre energia) e le acque di lavorazione (richieste dall' industria chimica), adeguare i frantoi, e sostenere la commercializzazione, promuovendo il brand dell' extravergine toscano e la diffusione dei consumi (nelle mense, nelle scuole)». Dall' altro (dal 2013, con nuovi fondi europei), di contribuire alle spese o sostenere il reddito «di chi semplicemente avrà voglia di coltivare olivi». Salvando le colline toscane.

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