venerdì 16 settembre 2011

A Crotone, trivelle Eni su tempio greco

A Crotone, trivelle Eni su tempio greco
Alessia Candito
Terra 16/9/2011
Calabria. Protestano ambientalisti e residenti: il nuovo pozzo è nei pressi dell'area archeologica e praticamente affacciato sul parco marino. Eppure i permessi, ministeriali e degli enti locali, ci sono

Ai piedi di quello che fu il tempio di Hera, tra la scogliera di Capo Colonna e la riserva marina, nel crotonese, c'è movimento. A pochi metri dall'unica colonna dorica rimasta del santuario della dea, la Jonica sas, controllata del colosso dell’energia Eni, vuole scavare. Stando ai piani dell'azienda, un trivellatore direzionato , posizionato sulla sponda, presto inizierà a perforare il sottosuolo marino alla ricerca di metano, fino all'esaurimento del giacimento. Un'operazione che secondo la controllata del cane a sei zampe durerà almeno 220 giorni. Del resto, è una zona che i tecnici Eni conoscono bene e sfruttano da tempo. Dai fondali crotonesi, l'azienda estrae 17 miliardi di metri cubi l'anno, gas sufficiente a coprire il 16 per cento del consumo nazionale. Ma all'Eni non basta, c'è da aprire un nuovo pozzo. Un progetto impossibile da realizzare, almeno sulla carta. Troppo vicino all'area archeologica e praticamente affacciato sul parco marino. Eppure, la Ionica spa sembra avercela fatta. Il ministero dell'Ambiente, di concerto con quello dei Beni Culturali, ha espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale per la realizzazione del nuovo pozzo Eni, chiamato "Hera Lacinia 18". Un beffardo omaggio alla dea, per gli ambientalisti della zona, che ricordano «in nome di Hera un tempo si erigevano templi e oggi si distruggono fondali e territorio». Anche le autorità locali sembra non abbiano fatto alcuna resistenza nel fornire nulla osta, autorizzazioni e pareri necessari. Poi allegati dall'azienda al plico spedito al ministero. Si va dal Comune di Crotone, che ha attestato la compatibilità del pozzo con la destinazione «agrituristica» della zona, alla Soprintendenza dei beni paesaggistici che ha ritenuto l'opera compatibile «con i valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo ed alle finalità di tutela» (autorizzazione 14/2010). Anche l'ente preposto alla tutela del patrimonio archeologico non ha negato il proprio beneplacito al progetto, ma ha specificato che i lavori dovranno avvenire «sotto l'alta vigilanza di nostro personale tecnico-scientifico». Autorizzazioni e pareri troppo benevoli, per i cittadini della zona. Circostanze che richiedono un'immediata chiarificazione, secondo il capogruppo Pd alla Provincia di Crotone, Ubaldo Schifino, per il quale «l'Eni non può continuare a perseguire i propri esclusivi interessi economici, spalleggiata da "faccendieri" nazionali e locali senza scrupoli». Chiamate in causa, Regione, Provincia e Comune fanno a gara per non rimanere con il cerino in mano. Nessuno dei componenti della giunta della Calabria sembrava essere a conoscenze delle trivellazioni Eni: «Tale nuova attività era stata segnalata alla precedente amministrazione», ha fatto sapere la «rammaricata» vicepresidente, Antonella Stasi. «Per avere delucidazioni urgenti» è stato convocato il 20 settembre un tavolo di confronto con Eni e Ionica Gas. «Un ruolo del tutto marginale nella concessione dell'autorizzazione», avrebbe invece avuto la Provincia. secondo l'assessore all’Ambiente Ubaldo Prati, che punta il dito contro ministero e Comune. Che si limita a tacere. Nel frattempo, il procuratore di Crotone Raffaele Mazzotta ha disposto un'indagine conoscitiva sui lavori. Allo stato, non c'è ancora nessun indagato ma la Capitaneria di Porto di Crotone investigherà sia sul nuovo pozzo che sulla piattaforma offshore Eni comparsa giorni fa davanti alla città dello Jonio. Ufficialmente, rimarrà in mare solo 4 mesi per provvedere alla manutenzione di quelle esistenti, "Hera Lacinia 14" e "Luna A", niente nuove perforazioni, né nuovi pozzi. Eppure la popolazione, da giorni riferisce di strani boati notturni, che i più temono riconducibili a nuove perforazioni. Un nuovo spettro che si aggiunge a quello della subsidenza che sta lentamente facendo sprofondare l'intera Provincia. Nonostante non esistano studi ufficiali che attestino un legame diretto tra il progressivo sprofondamento del territorio e l'estrazione di gas, il rischio secondo alcuni esperti è più che concreto. Le attività di perforazione ed estrazione - sostengono - possono provocare la progressiva compressione dei sedimenti degli strati sovrastanti e sottostanti la zona produttiva. In prossimità della costa, questo si traduce in abbassamenti significativi del suolo in aree più estese della proiezione in superficie dei perimetri degli stessi giacimenti. Un rischio che Crotone aveva deciso di correre inseguendo il miraggio dei posti dei posti di lavoro, dei sussidi e benefici che l'Eni aveva promesso, rimasti però solo sulla carta.

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